Per la premier le leggi razziali sono «macchia indelebile per Italia»
Giorgia Meloni aggiunge un altro tassello alla condanna dell’antisemitismo e delle leggi razziali del 1938. E garantisce che contro «ogni forma di discriminazione e antisemitismo» – mai sconfitto, ha solo cambiato «facce e strumenti» – il suo governo è «sempre pronto, concentrato e attento». Per la seconda volta da quando è premier, la leader di Fratelli d’Italia prende le distanze dall’odio verso gli ebrei e da quelle leggi del governo Mussolini che insiste a chiamare «una macchia indelebile, un’infamia che avvenne nel silenzio di troppi».
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Stavolta lo fa all’inaugurazione di una lapide dedicata ai cronisti romani vittime della repressione e della violenza nazifascista, nella sede dell’Ordine dei giornalisti del Lazio. Parole che casualmente cadono nel giorno in cui il suo partito annuncia una festa in piazza per i 10 anni di FdI, la creatura che la premier stessa fece nascere insieme a Guido Crosetto e Ignazio La Russa nel 2012.
Il precedente alle Camere
Parole anche in continuità con quelle del 25 ottobre scorso. Allora, parlando alle Camere per chiedere la fiducia, Meloni dedicò un passaggio ai giovani che hanno combattuto nel Risorgimento e alle vittime dell’antifascismo. Ma nessun accenno diretto alla Resistenza. E per questo le polemiche non mancarono. Accusata di una reticenza considerata «grave e non casuale» – secondo le opposizioni – alla luce di un’abiura del fascismo a lungo contestata alla destra italiana, perché mai nettissima.
Il video in inglese, francese e spagnolo
In realtà un passo indietro rispetto al ventennio Meloni l’ha messo agli atti, laconico e secco, nel video registrato per la stampa estera subito dopo la vittoria di FdI alle ultime politiche. «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia», disse in inglese, francese e spagnolo. Due mesi fa usò toni altrettanto fugaci sui totalitarismi di ogni colore nel discorso programmatico, ribadendo che non c’è nessuna simpatia per «nessun regime, fascismo compreso».
Segno evidente che la presidente del Consiglio non sente di dover aggiungere altro per smarcarsi dalle ombre che ancora incombono sulla sua famiglia politica. Così nel pomeriggio ripete (e sottolinea di averlo detto più volte) che «le leggi razziali rappresentano il punto più basso storia italiana, una vergogna che ha segnato la nostra storia per sempre». E che la sfida contro quell’odio non va declinata al passato: «E’ qualcosa per cui dobbiamo guardare all’oggi», perché non è stata vinta. Quindi assicura: «È una battaglia che coinvolge le istituzioni, la politica e il governo, e chi racconta la realtà».
L’apprezzamento della comunità ebraica di Roma
Un impegno apprezzato dalla comunità ebraica di Roma, che pure lo riconosce come «tardivo». «Ai morti per la Shoah giustamente si è pensato subito, ma sull’offesa delle leggi razziali si è messa una pietra sopra, come se le due cose non fossero strettamente collegate», fa notare il rabbino di Roma, Riccardo Di Segni, convinto delle necessità «che ora ci si dedichi a questo recupero di memoria, tardivo ma necessario». Alla cerimonia non manca il contributo di Sami Modiano che rievoca il dramma di sopravvissuto all’Olocausto. «Quello che è successo non lo accettavo all’epoca e non lo accetto tuttora a 92 anni suonati», ricorda. Alla fine una stretta di mano con la Meloni che lo ringrazia.
E arriva pure un messaggio scritto di Liliana Segre. A citare poi l’altra sopravvissuta ad Auschwitz e ora senatrice a vita, è il vicecapogruppo di FdI a Montecitorio, Alfredo Antoniozzi quando difende il j’accuse della premier in quanto «chiaro e limpido come sempre». Ma denuncia: «Ciò che preoccupa è l’antisemitismo di oggi, fomentato da centri sociali e settori di pseudo-sinistra, che costringe una donna di 95 anni, come la senatrice Segre, a girare con la scorta e a denunciare odiatori seriali».