Povera Italia: oltre i furbetti del RdC, i vip che incassano sostegni e ristori anticovid

di Mimmo Della Corte

Berlusconi non intende rassegnarsi all’idea che anche per l’Italia è tempo di terza repubblica

Con il fragoroso ritorno di Berlusconi a 9 anni dal «sinistro» sfratto dal Parlamento; l’elezione dei presidenti del Senato La Russa (FdI) alla prima votazione, con 116 voti (17 dei quali arrivati dall’opposizione e non solo dal Terzo polo che ne ha 9, quindi…), l’astensione di FI – ma il voto di Berlusconi e Casellati – e della Camera Fontana (Lega) con 222 preferenze alla prima votazione senza obbligo di maggioranza speciale, è cominciata la XIX legislatura repubblicana.

Ma i numeri dicono che se «Atene piange, Sparta non ride». Maggioranza e opposizione sono divise, ma se la prima ha recuperato presentandosi «vincolata» a Montecitorio, la seconda vi è arrivata ancora più «sparpagliata».

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Eppure insiste nel fare le pulci al centrodestra – per le polemiche fra Meloni e Berlusconi, che, però, non hanno influito più di tanto sui risultati delle votazioni. Ma Silvio minaccia di presentarsi da solo alle consultazione al Quirinale e non fare il nome della leader di FdI – e linciare i 2 eletti alla seconda e terza carica dello Stato, disinteressandosi della situazione in cui è ristretta l’Italia.

Fomentando gli odi e col suo silenzio si fa complice di chi pensa che la politica sia sinonimo di insulti, minacce, infangando l’Italia oltre i confini e, rischiando di scatenare la violenza e riportarci agli «anni di piombo».

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La terza repubblica

E, soprattutto, senza rendersi conto che l’andamento delle votazioni è la dimostrazione lampante che forse anche da noi è cominciata la terza repubblica e da oggi in avanti, i provvedimenti potranno essere approvati da maggioranze diverse da quella di governo sulla base della sensibilità dei singoli rispetto agli atti in discussione e non per «imposizione» della coalizione. Come succede nelle grandi democrazie occidentali. Il che velocizzerebbe il cammino delle riforme e del presidenzialismo.

Ora, però, pensino al governo, che – tenendo conto dell’iter procedurale – non arriverà prima di 2 settimane. Sperando non sia troppo tardi. Poi dovrà fare miracoli, per la legge di bilancio 2023 e per aiutare imprese, partite Iva e famiglie, (molte delle quali si sono visti già staccare la luce, perché non sono riuscite a pagare le bollette) e al buio e al freddo adesso dovranno aggiungere anche la montagna di cartelle esattoriali che incombe su di loro, come l’inverno in arrivo.

Draghi, ancora in carica, non può fingere di non sentire gli avvertimenti di Fmi e Istat – sul Pil che cala, «l’anno prossimo si fermerà a -0,2 e siamo già in recessione tecnica» – e di non sapere che il caro bollette è iniziato nell’estate del 2021 e lui c’era già, ma non ha fatto granché per fronteggiarlo. Scaricandone la responsabilità su «chi lo ha costretto a dimettersi, privandolo, in piena crisi energetica, di strumenti e risorse per contrastarla».

Intanto, i pieni poteri li manterrà fino a quando non s’insedierà il governo Meloni (tant’è che, insieme ai suoi sodali, sta cercando – con le valigie già sull’uscio – di sabotare, il nuovo esecutivo distribuendo, incarichi dirigenziali e posizioni chiave a persone di stretta osservanza piddina. E si sa quanto pesi la burocrazia in Italia.

Aiuti per la guerra in Ucraina

Inoltre, ha dimostrato che, se vuole, le risorse sa dove e come trovarle. Pur dimissionario, non ha certo lesinato provvedimenti straordinari e aiuti per la guerra in Ucraina. E se questo è possibile per Kiev, perché non dovrebbe esserlo per salvare il Paese da un fallimento che non è certo addebitabile ai cittadini, ma all’incapacità dell’Ue – per gli egoismi e la diversità di posizioni fra gli Stati membri, sul tetto al prezzo del gas – di venire a capo della questione energetica?

Mentre l’Italia tra sostegni e ristori, finanziamenti garantiti, sconti Irap – per aiutare imprese, cittadini ed esercizi commerciale a superare le difficoltà – dal 2020 al 2022, ha investito quasi 500 miliardi. More solito, però, molti sono finiti direttamente nei conti correnti di persone che avrebbero potuto farne tranquillamente a meno: politici, ex politici, pseudo influenzer, scrittori, giornalisti, virostar.

Fra cui, tanto per cogliere fior da fiori, in un lungo elenco pubblicato da Panorama: D’Alema, Toscani,Totti, Librandi, (politico che ha girato tutti o quasi i partiti: da FI a Scelta Civica, Cinici (pardon: Civici) e Innovatori – sciolti per insufficienza di parlamentari eletti -, Pd e, infine +Europa), Fedez e Ferragni, Saviano, Bertè, Lauro, Crozza e anche il virostar Burioni. Più i 26 miliardi spesi negli ultimi 3 anni per il rdc e gli 80 bloccati fino al 2028 allo stesso scopo.

Ora, non sappiamo da dove prendere i 50 che ci servono, e con urgenza, «per le bollette» onde evitare che «l’economia crolli». E se chiudono le imprese, fallisce il Paese e finiscono anche sostegni, ristori e reddito di cittadinanza. Senza dire dei 50 miliardi di extra costi spuntati nelle pieghe del bilancio, per l’aumento dei tassi e la crescita dell’inflazione. Non c’è mai fine al peggio.

Setaro

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