Nuove risorse per il sostegno dell’autotrasporto contro l’aumento dei prezzi del carburante

Il PNRR potrebbe intervenire su questi aspetti, modificando le impostazioni iniziali

Il Governo dimissionario, con il DL 144/2022 del 23 settembre, ha definito misure urgenti a sostegno dell’economia. Compreso il settore dei trasporti, in tutte le sue componenti, attraverso il rifinanziamento del fondo destinato al riconoscimento di un contributo per l’incremento di costo sostenuto nel terzo quadrimestre 2022, rispetto al 2021, per l’acquisto del carburante dei mezzi di trasporto pubblico locale e regionale su strada, locale, marittimo o ferroviario.

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Il DL, vi è da dire, stanzia nuove risorse per il settore dell’autotrasporto dirette a mitigare l’eccezionale aumento dei prezzi del carburante. Misure che allo stato di fatto risultano necessarie per la sopravvivenza delle imprese di trasporto e delle aziende, pubbliche e private, che erogano servizi di TPL il cui deficit nel corso degli ultimi due anni è stimato in circa 2 miliardi di euro.

Il PNRR potrebbe intervenire su questi aspetti, modificando le impostazioni iniziali, anziché invece prevedere investimenti per rendere più sostenibile la mobilità attraverso la diffusione dell’idrogeno nel trasporto ferroviario e stradale. La sperimentazione dell’idrogeno, che risulta certamente necessaria, è possibile ed il Piano stanzia 530 milioni di Euro per l’uso dell’idrogeno nel trasporto ferroviario, in ambito locale e regionale, e nel trasporto stradale, per i mezzi pesanti.

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Ma la trasformazione dei servizi regionali o locali, che attualmente vengono effettuati con treni a gasolio o altro carburante, non è prevista nel brevissimo termine e, per di più, le (dieci) stazioni di rifornimento di idrogeno dovranno essere ultimate entro il 30 giugno 2026 e l’assegnazione delle risorse per la loro realizzazione dovrà avvenire entro il 31 marzo 2023, ovvero domani.

Per cui occorre essere pragmatici e con la condivisione dell’Unione Europea si può intraprendere la “strada” della rimodulazione delle azioni di Piano. Questo è soltanto uno dei problemi che si evidenziano nella politica di gestione delle azioni del PNRR.

La fatica degli Enti Locali per le azioni previste dal PNRR

La Nota di aggiornamento al DEF presentata nei giorni scorsi riporta una grande preoccupazione per «l’ammontare di risorse effettivamente spese per i progetti del PNRR che nel corso di quest’anno sarà inferiore alle proiezioni presentate nel DEF per il ritardato avvio di alcuni progetti». Progetti che nella maggior parte dei casi prevedono il coinvolgimento degli Enti Locali i quali, come noto, fanno molta fatica per avviare e portare a termine le azioni previste dal PNRR.

Basti pensare che dall’avvio dell’iter amministrativo alla completa realizzazione dell’opera trascorrono 4 anni al sud e la metà del tempo, due anni, nord. Tempi che fanno rabbrividire se si pensa al numero degli obiettivi da raggiungere in così breve tempo. La colpa ovviamente non è da assegnare alle stazioni appaltanti. La burocrazia e le innumerevoli lungaggini amministrative provocano i ritardi maggiori.

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In questi giorni sulla stampa si legge un elenco di opere incompiute oppure con ritardo monster; alcuni esempi? Maxi cantiere della diga di Genova, parliamo di 1,3 miliardi di Euro, opera assolutamente strategica per la città. L’autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale sospende la gara perché si accorge che un componente della commissione di valutazione non ha le carte in regola. Risultato: ritardi su ritardi e lo sviluppo portuale, fulcro dell’economia genovese, viene rimandato.

Oppure il ritardo per gli interventi inerenti all’edilizia scolastica, il cui investimento pari a 5,4 miliardi di euro, a causa dell’assenza del decreto attuativo per avviare 2190 progetti in più di due mila comuni.

Uno stato di fatto che viene certificato nella Nota di aggiornamento al DEF per cui dei 191,5 miliardi di Euro che la Recovery and Resilience Facility europea ha assegnato all’Italia circa 170 miliardi di Euro dovranno essere spesi nei prossimi 40 mesi.

Circa 21 miliardi dovranno essere spesi entro il 2023

Se si guardano gli obiettivi raggiunti, e da raggiungere, ossia quelli a cui è legata l’erogazione delle singole rate, secondo il presidente uscente Draghi, ritardi particolari non sembrano esserci. In realtà non è proprio così perché, come riportato nella NADEF, circa 21 miliardi dovranno essere effettivamente spesi entro la fine di quest’anno a fronte del raggiungimento di 55 obiettivi. E questo non è assolutamente un aspetto da sottovalutare in quanto i soldi effettivamente spesi rispetto a quelli ricevuti sono sensibilmente inferiori. Un impegno di risorse imponente, che questo Governo lascia in eredità al prossimo Esecutivo.

E, si badi bene, non è una giustificazione ma un dato di fatto perchè gli investimenti che interessano questi obiettivi non sono caratterizzati dallo stesso livello di priorità. Si aggiunga pure che le Amministrazioni hanno presentato progetti di importanza non prioritaria con il solo obiettivo di pervenire alla spesa programmata.

Queste criticità sono comuni a tutte le azioni del PNRR previsti sino al 2026 per cui il Piano potrà necessariamente essere modificato in relazione alle condizioni economiche attuali ed agli obiettivi da raggiungere a breve termine.

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