Così superMario fa la cresta sull’inflazione: entrate fiscali +14 miliardi (+10,7%)

Pandemia, guerra e carovita (al +8,7%) non bloccano la crescita del fisco

Conte si arrende alla «ragion di poltrona», ma continua a ululare alla luna. Aspetta risposte (da chi?) entro luglio. Poi… vedrà (cosa?). Nell’attesa i 5S fuggono (ne ha persi altri 30), ma prima hanno detto «sì» alla fiducia, annunciando, per salvare la faccia, che oggi si asterranno al voto finale sul dl Aiuti. E chi se ne frega! Ormai il «si» c’è. Che pagliacciata!

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Il giochetto non sarà riproponibile al Senato e la fiducia sarà ancora a rischio. Già! Anche le poltrone, però, quindi?… Comunque vada oggi, Draghi resterà al suo posto, «aspettando Godot» (entro il 16 luglio), Ma i senatori a rischio scranno avranno il coraggio di dirgli «no»? Poco credibile. E, proprio per questo è quasi certo che ci resterà anche dopo. Certo, a colpi di (s)fiducie (35 in 17 mesi), una maggioranza bulgara dai piedi di burro, impossibilitata a camminare, ma forte, della medaglietta luccicante, comprata a nostre spese, della crescita delle entrate fiscali nei primi quattro mesi dell’anno: 14 miliardi (+10,7%) rispetto al 2021 e 3,9% in più del carovita nello stesso periodo. A dispetto di guerra e inflazione.

Il governo contro la siccità, ma solo al Nord

Da qualche giorno mi chiedo se la siccità stia risparmiando il Sud. Stando alla dichiarazione di Stato d’emergenza e la concessione dei relativi sostegni, da parte del governo, solo a regioni settentrionali: Emilia (10,9 milioni), Friuli (4,2), Lombardia (9), Piemonte (7,6) e Veneto (4,8); sembrerebbe di sì. Eppure, al Sud i rubinetti sgocciolano ancora di più, perché la dispersione è maggiore 48,75% contro il 42 del Nord. E l’agricoltura meridionale, per ciò che offre, merita lo stesso rispetto di quella settentrionale.

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Ma niente paura, più in là, forse, toccherà anche a noi del «tacco». Secondo l’ordine cronologico delle domande, ovvio! Sempre che i nostri governatori si decidano a chiedere lo Stato d’emergenza e non finiscono le risorse disponibili! Sono proprio queste disparità che generano le disuguaglianze che, secondo l’Istat, puniscono il Sud. Che ha sempre meno difensori, anche fra i parlamentari meridionali. Non sarà la contropartita per l’eccesso di reddito di cittadinanza?

Dov’è finito il dantesco Paese «laddove il dolce si suona(va)»? Non c’è più. La strategia dell’allarmismo emergenziale da catastrofe incombente: pandemia, guerra, inflazione, siccità e via elencando, lo hanno cancellato. E lui – vittima: dell’incuria, dei troppi «no» alle opere pubbliche, delle emergenze diventate normalità perchè fomentate e mai risolte, di fatalità e temperie – sta franando.

Ingigantire le emergenze senza risolvere le criticità

Sicché – alla luce delle difficoltà che il Paese sta attraversando, per la superficialità delle scelte del passato – è urgente che, in nome del futuro, l’Italia la smetta con i «no» pregiudiziali e ricominci ad affrontare e risolverne i problemi. La cosa, però, non sembra facile. Intanto perché, ingigantire le emergenze senza risolvere le criticità che le procurano, serve al potere per tenerci sotto controllo, ricordandoci continuamente a mo’ di minaccia le «tragedie» che possono conseguirne.

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E, di più, i «no» continuano a pioverci addosso a catinelle. Tant’è che ora a favore del «no» si sono schierati pure i giudici del Tar della Puglia che hanno bloccato gli interventi infrastrutturali per il nodo ferroviario di Bari Sud previsti dalla misura 1.15 del Pnrr pugliese. Il che, avendo fissato l’udienza per la discussione relativa a gennaio 2023, significa mettere a rischio il progetto – contro cui si sono schierati: gli ambientalisti di «Le vedette della Lama», qualche famiglia e il sindaco 5s di Noicottaro.

Innamorato – ma anche i 205 milioni del Pnrr. E, contro il rigassificatore – nel porto di Piombino si sono schierati: il sindaco, Ferrari (FdI), il governatore Giani (Pd) e un centinaio di cittadini. Un «no», poco «frequentato», ma trasversale e sufficiente a bloccare tutto. E che dire di Roma, capitale d’Italia, sede delle maggiori istituzioni nazionali, che traspira «monnezza», con branchi di cinghiali che pasteggiano per le strade? Niente, solo che serve il termovalorizzatore. Draghi vorrebbe realizzarlo, il sindaco Gualtieri non sa cosa fare, ma Conte e i reduci grillini s’oppongono. Perdiamo energia e denaro, ma guadagniamo cinghiali e monnezza.

Setaro

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