Va bene, cambiamolo questo Pnrr. Ma un’idea di Sud ce l’abbiamo?

Se non si affronta e si scioglie questo nodo il rischio è che il Pnrr diventi l’ennesima occasione persa

Oggi se fosse ancora in vita la Lega Lombarda compierebbe 38 anni. Era infatti il 12 aprile del 1984 quando Umberto Bossi teneva a battesimo la sua creatura, che poi nel 1991 sarebbe divenuta Lega Nord.

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Tranquilli non avete sbagliato sito; e neppure il Sud24 è diventato Nord24. Piuttosto se avrete la pazienza e il tempo di continuare a leggere vi renderete conto di quanto l’anniversario della futura Lega Nord c’entri con il Sud.

Nelle scorse settimane il Corriere del Mezzogiorno si è fatto interprete di un intenso quanto diffuso ed interessante dibattito e cioè che la grande occasione del Pnrr va colta per consentire al Sud finalmente di rilanciarsi. Ma per fare questo bisogna prendere coscienza del fatto che le nuove condizioni geopolitiche, determinate dallo scoppio della guerra in Ucraina, impongono una revisione, una sorta di messa a punto del Pnrr.

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Insomma, è impensabile andare avanti con un Piano pensato per e durante la pandemia ma va cambiato. Per carità, una richiesta legittima ed anche di buon senso che trova consenso tra molti addetti ai lavori, politici e non. Detto questo sarebbe però necessario fare un passo indietro e quindi un supplemento di riflessione. Giusto, senza dubbio, parlare di fondi, risorse e soldi ma forse prima ci si dovrebbe interrogare sulla destinazione di questi soldi.

Ad essere onesti nella storia del Sud i soldi non sono mai mancati. Laddove si è fallito è nella parte operativa, cioè come e dove spendere queste risorse. Il punto è proprio questo: prima di attualizzare il Pnrr bisognerebbe banalmente rispondere a una domanda: che cosa ne vogliamo fare del Sud? Qual è l’idea del Mezzogiorno che hanno le classi dirigenti di questo Paese?

L’ennesima occasione persa

Più volte su questo giornale abbiamo posto il tema. Finanche nell’editoriale di ieri siamo tornati a denunciare l’assenza di un’ipotesi progettuale che indichi cosa debba essere il Sud. Se non si affronta e si scioglie questo nodo il rischio è che il Pnrr, così come accaduto per le altre forme di investimento e finanziamento, diventi l’ennesima occasione persa. Tanta letteratura, tante analisi e denunce ma poi un desolante zero sul lato delle proposte e dei progetti.

Di chi la colpa? All’appello certamente non ha risposto la classe politica che a tutte le singole occasioni si è dimostrata poco lungimirante, incapace di capire che il consenso, quello vero, si realizza in una visione di medio e lungo periodo e non già su quello breve o brevissimo. Basti pensare quello che è accaduto con i fondi della ricostruzione del post terremoto dell’80, peraltro cannibalizzati dalla criminalità organizzata allora dominata da Cutolo.

Ma senza dubbio all’appello non si sono visti nemmeno gli imprenditori, che per primi avrebbero dovuto dare a questo Sud un suo senso, e pure gli intellettuali. Anzi riguardo questi ultimi va fatta una riflessione ulteriore. Da sempre si sono caratterizzati per una grande capacità di arruolarsi tra le file della classe politica dominante, avendo poi al momento opportuno, una volta percepita la fase calante, di cambiare repentinamente posizione e ‘padrone’.

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Lo scontro nel Partito Democratico e il Sud senza risposta

La conferma è nella polemica di queste settimane contro l’ipotesi di una modifica della legge elettorale regionale, al fine di impedire l’ipotesi di un terzo mandato all’attuale governatore De Luca. Scontro che alla fine è sfociato in una lettera appello al segretario del Pd, Enrico Letta. Quello che sorprende è che non più di due anni fa De Luca è stato riconfermato alla guida della Regione Campania con quasi il 70 per cento dei consensi, tra i quali senza dubbio ci sono quelli degli intellettuali che oggi si schierano contro il governatore firmando appelli.

Insomma, alla fine della fiera il Sud è rimasto sempre senza una risposta, senza una dimensione chiara e il tema del suo sviluppo e rilancio continua ad essere affrontato dalla fine e cioè dai fondi.

Anche con il Pnrr il timore è che si stiano ripentendo gli stessi errori, concentrandosi sul tema delle risorse, di adeguarle ai nuovi costi della vita imposti dalla guerra, e di evitare che siano scippate a favore del Nord. Ma il problema è che quando arriveranno nuovamente questi fondi non sapremo come e dove spenderli, perché mancherà quella visione complessiva del Sud.

E veniamo perciò alla Lega Lombarda

Quasi 40 anni l’intuizione di Bossi e di tutto il mondo politico, intellettuale e imprenditoriale che ruotava attorno a lui fu di capire che quel mondo che fino ad allora aveva governato il Paese non andava più bene. E che quindi era giunto il tempo di interrogarsi sul futuro del Nord. Insomma di rispondere alla fatidica domanda di cosa farne del Settentrione. La loro risposta fu l’autonomia politica e finanziaria, ma anche Roma ladrona e secessione. In poche parole tutto si traduceva nella volontà di non trasferire più su base nazionale le risorse prodotte dalle tasse pagate ma di gestirle in loco. In breve, i soldi sono miei e me li gestisco io.

Sappiamo bene che di tutto questo poi ben poco si è realizzato. Il federalismo è rimasto sulla carta, così pure l’autonomia fiscale. Ma questo è un altro discorso. Che da ‘Prima il Nord’ si sia passati a ‘Prima gli Italiani’ non ci interessa adesso, non è questo il luogo per fare il processo alla Lega Lombarda.

Quello che è importante capire è che in quell’aprile di quasi 40 anni fa il Nord si chiese chi fosse e cosa voleva essere ed una risposta se la diede. Su questo è stato capace di costruire un progetto politico che comunque dura ancora oggi. Forse sta anche in questo il senso e la ragione del divario tra Nord e Sud e nella reciproca e cronica incapacità di capirsi.

Ecco, nel giorno del compleanno della Lega Lombarda il Sud dovrebbe pensare a quella stagione per prendere spunto e finalmente darsi una risposta. E non pensare a come e quando aggiornare il Pnrr. E’ il caso di dire che i soldi sono l’ultimo pensiero…

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