L’altra faccia del conflitto | Darsi la zappa sui piedi per compiacere Biden è puro masochismo

Il conflitto risale al 1991, alla fine del Patto di Varsavia e la riunificazione della Germania. Per capire rileggiamo quegli eventi

Non è dato comprendere fino in fondo le cause di un conflitto, ma si può tentare di farlo a condizione di diradare, fin dove possibile, i fumi della propaganda dei belligeranti. In Ucraina è in atto un’invasione da parte delle forze armate russe, il dato è oggettivo e i politici nostrani hanno sùbito preso, quasi d’istinto e all’unisono, una posizione contro la vittima della zampata dell’orso russo.

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I grandi mezzi d’informazione, che ormai vivono di contributi statali e di pubblicità elargita dai grandi gruppi industriali e finanziari, bombardano i loro sempre meno numerosi frequentatori con una informazione deformata dalla faziosità e che li porta a spacciare bufale per verità anche utilizzando vecchie foto e filmati conservati in naftalina con il patetico ricorso anche a bellicosi videogiochi per descrivere la «pioggia di missili» sull’Ucraina.

Lungi dal chiedersi da che parte stia il reale interesse dell’Italia in una vicenda che non minaccia i nostri confini né la nostra sicurezza, si trasformano come sempre in megafono della frenesia guerrafondaia degli Stati Uniti, che non si è mai arrestata dopo la fine della seconda guerra mondiale.

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La presunta fine di un’era

Col crollo del comunismo e dell’imperialismo sovietico, sembrava che si fosse chiusa una fase storica connotata da una forte contrapposizione tra due blocchi armati: i paesi aderenti al Trattato del Nord Atlantico (NATO) ad ovest, a guida USA, e quelli aderenti al Patto di Varsavia ad est, a guida russo-sovietica. Fukuyama parlò azzardatamente di «fine della storia».

Venuto meno il nemico da cui difendersi, gli Stati Uniti pensavano di essere rimasti l’unica super potenza in grado di dirigere i destini del mondo e si dedicarono col concorso degli alleati, alle loro guerre «umanitarie» in nome della pace e della democrazia: fu una pioggia di bombe ‘intelligentiì, da oriente a occidente, dall’Iraq all’Afghanistan, alla Libia (solo per citare alcuni ‘Stati canaglia’) senza risparmiare neppure il suolo europeo, come ben ricorda la città di Belgrado bombardata per 78 giorni anche con l’intervento militare italiano voluto dal governo D’Alema.

Oggi sappiamo, grazie soprattutto a Der Spiegel, che nel 1991, anno in cui fu sciolto il Patto di Varsavia e fu decisa la riunificazione della Germania, ci sono stati accordi segreti tra USA, URSS, Gran Bretagna e Francia, con i quali si escludeva una eventuale espansione della NATO verso i paesi dell’Est. Non ne nacque un trattato formalmente sottoscritto, ma Gorbaciov si ritenne soddisfatto dalle assicurazioni dategli pensando che la Nato non avesse più un nemico da temere.

La storia però non andò nella direzione prevista

L’avanzata verso est della Nato non si è mai fermata e nel tempo sono stati inglobati ben 14 stati dell’ex Patto di Varsavia, fino a lambire le frontiere della Russia come in Lettonia ed Estonia. George Kennan, diplomatico statunitense, che visse in prima persona la nascita della Nato, di fronte all’ipotesi di una sua espansione ad est, si rivelò buon profeta dichiarando al New York Times: «Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore».

Putin, salito al potere nel 1999, tentò di ricostruire la Russia devastata dal regime comunista e ancor più dall’esplosione di un capitalismo selvaggio introdotto da Eltsin fortemente influenzato dagli Stati Uniti e succeduto a Gorbaciov.

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Il perdurante pregiudizio occidentale di voler continuare a vedere nella Russia la prosecuzione della politica espansionista dell’Unione Sovietica, ha irresponsabilmente creato un clima di reciproca diffidenza, di cui oggi vediamo le incresciose conseguenze.

Non da oggi gli Stati Uniti hanno cercato di allontanare l’Ucraina dalla Russia con il finanziare, ad esempio, la «rivoluzione arancione» del 2004, con le continue pressioni per farla entrare nella Nato, ed infine con la rivoluzione di Piazza Maidan del 2014, fortemente voluta dall’allora vice presidente USA Joe Biden, e che provocò il cambio di regime, l’annessione (sostanzialmente pacifica) della Crimea alla Russia, e la nascita delle repubbliche filo-russe nel Donbass. Nei frangenti della guerra civile ucraina, anche il filo-americano Prodi mostrò le sue perplessità: «Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella Nato, allora crei tensioni irreversibili».

Kissinger chiese prudenza

Persino Kissinger, che certamente non può essere accusato di simpatie per Putin, sul Washington Post intervenne a chiedere prudenza: «Una saggia politica statunitense verso l’Ucraina avrebbe dovuto cercare il modo di favorire l’intesa tra le due parti del Paese. L’America avrebbe dovuto favorire la riconciliazione e non, come ha fatto, il dominio e la sopraffazione di una fazione sull’altra».

A seguito degli accordi di Minsk del febbraio 2015, ai quali parteciparono anche Russia, Francia e Germania per porre fine alla guerra nel Donbass, il governo ucraino assunse, tra i tanti, anche l’impegno di riconoscere entro l’anno, con legge costituzionale, uno statuto speciale per le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk.

L’impegno fu disatteso e dopo otto anni di guerra civile Putin si è deciso ad invadere l’Ucraina restia ad accettare una condizione di neutralità fuori dalla Nato. Un intervento successivo a difesa delle popolazioni filo-russe del Donbass, in forza del trattato di alleanza sarebbe stato «considerato come un attacco diretto contro tutte le parti» aderenti al Patto, scatenando inevitabilmente la terza guerra mondiale.

Gli oligarchi a stelle e strisce e quelli europei hanno voluto forzare la mano per fare dell’Ucraina l’avamposto Nato senza sentire le opposte ragioni ed hanno reso impossibile la pacifica convivenza dell’Europa con la Russia. Le sanzioni adottate dal mondo occidentale sin dal 2014, ed oggi rese ancora più pesanti, continueranno solo a farci dei danni, già resi abbastanza visibili nel viaggio intrapreso dagli italiani verso la povertà e il freddo per il costo dell’energia e dei beni di prima necessità.

Le sanzioni dell’Europa

Sembra paradossale, ma con le sanzioni l’Europa sta facendo la guerra economica contro se stessa per compiacere gli amici di oltreoceano, che non corrono rischi e non disdegnano di vedere gli alleati più deboli e ininfluenti. Il nostro governo, asservito ai voleri di una oligarchia transnazionale, finanziaria e predatoria, per sovraccarico di dabbenaggine invia soldi e armi a uno stato amico, l’Ucraina, per farsi nemico un altro stato amico, la Russia. Darsi la zappa sui piedi sembra un vecchio vezzo italico duro a morire, ma troppo doloroso per chi non apprezza i brividi del piacere masochistico.

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

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