Per non perdere troppo tempo, Draghi emani un Dpcm per consentire il voto da remoto ai ‘grandi elettori’ contagiati. Ormai uno in più o uno in meno
Fra sette giorni la prima chiama per l’elezioni del nuovo Capo dello Stato. Tanti i nomi in circolazione, ma la vera corsa è fra Berlusconi e Draghi. E tra «rischio» Covid e mancanza di sintonia fra i partiti, difficile dire quando finirà. Senza dire poi che a sinistra la paura – che qualcosa possa non andare come previsto, anche per il si del centrodestra alla candidatura del primo – si sta ingigantendo.
Indice Articolo
Di conseguenza, il solito spocchioso centrosinistra sta cercando di gettare per aria il tavolo, anche per evitare che tutti scoprano che questa maggioranza, per quanto «iper-allargata», non ha i numeri per reggere e il governo, resta al suo posto per la paura del voto, ma grazie al centrodestra che finora ne ha garantito la sopravvivenza.
Sicché, Letta, Conte e compagnia, vorrebbero sfruttare l’effetto Omicron e l’eventualità di un allungamento dei tempi causa il possibile eccesso di ‘grandi elettori’ positivi al virus, per chiedere a Mattarella di restare eventualmente anche dopo il 3 febbraio. Perché, occorre assicurare il voto anche ai parlamentari, eventualmente, contagiati e la Costituzione non prevede il voto a distanza.
Certo, ma per condannare ai domiciliari i cittadini e imporgli di donare il braccio all’ago, in due anni «lorsignori» non si sono fatti scrupoli di emanare dpcm a raffica cancellandone tutti i diritti. Draghi faccia la stessa cosa: un dpcm per consentire ai grandi elettori, eventualmente, infettati di votare da remoto. Ovviamente, per evitare che contagino gli altri.
«Silvio Berlusconi al Quirinale non giova all’Italia»
A proposito, poi, di chi sarebbe preferibile per il Colle, l’amico e collega Marcello Veneziani ha scritto, e si potrebbe anche essere d’accordo, che «Silvio Berlusconi al Quirinale non giova all’Italia e allo Stato italiano, alla destra e al centrodestra, divide gli italiani su un piano personale, etico giudiziario, non sul piano politico o ideale». Allo stesso modo, però, non si può non dissentire quando afferma l’opportunità di mandarvi superMario e per due delle tre ragioni, per cui, a suo parere sarebbe giusto spedircelo.
La prima: «perché – a suo dire – la dote migliore di Draghi è la sua credibilità e al Quirinale potrebbe essere il garante più autorevole e l’ombrello migliore per il nostro Paese». Già, ma a modestissimo avviso personale, questo Paese, deve decidersi a smetterla di sentirsi sotto esame e cedere sovranità in cambio di una parvenza di affidabilità, da parte di chi ha più volte dimostrato che non intende concedercela, perché non conviene agli interessi del proprio Paese.
La seconda: «perché alla guida del governo non ci pare affatto il toccasana del nostro Paese, non è stato significativo il suo ruolo riguardo alla salute, alla scuola, alla giustizia, al carovita, mentre rimane il garante più sicuro per il piano d’investimenti». Sarà.
Dimentica, però, che – nonostante lui – c’è caos nei numeri e nelle misure antivirus, e l’Italia è ricattata da Speranza e Cts che non vogliono si tocchi il feticcio bollettino (per paura di perdere potere?).
Speranza, la ‘zona rossa’ ad Alzano e Nembro e il Tar del Lazio
Inoltre, la Procura di Bergamo ha sentenziato – sulla base della relazione del microbiologo dell’Università di Padova, prof. Andrea Crisanti – che, nel 2020, i ritardi nell’istituzione della ‘zona rossa’ ad Alzano e Nembro, causarono migliaia di morti e l’altroieri, sabato, il Tar del Lazio ha sospeso le linee guida dell’Aifa imposte a tutti da Speranza che in nome di «tachipirina e vigile attesa» hanno impedito, per due anni, ai medici di curare i contagiati a domicilio e con immediatezza, senza dover aspettare che il contagio diventasse praticamente incurabile prima di poter ricorrere in ospedale e ritrovarsi soli e abbandonati in terapia intensiva.
Certo Draghi non c’era quando è cominciata, ma quando è arrivato, come il suo predecessore, si è limitato di mettersi sull’attenti ed obbedire alle disposizioni del ministro (senza)Speranza e del cosiddetto Comitato Tecnico Scientifico; la scuola è ancora in dad; i trasporti in difficoltà; quest’anno hanno chiuso già 30 mila ristoranti e a breve altri 50 mila rischiano di fallire, mentre la disoccupazione cresce, i nuovi posti di lavoro sono tutti a tempo determinato. Del che gli italiani si sono accorti. Lincoln ripeteva spesso che «si possono ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni per tutto il tempo, ma non si possono prendere per i fondelli tutti per tutto il tempo».
Il governo dei leader
Così, il suo trasferimento al Colle sarebbe una sorta di «promoveatur ut amoveatur», che lui accetterebbe, se sostenuto dalla stessa maggioranza bulgara che regge il suo attuale governo, e garantito da un tecnico di sua fiducia come premier e da un governo, formato da meno tecnici e più politici e con tutti i leader dei partiti nell’esecutivo.
Ma sarebbe disponibile anche a restare a palazzo Chigi, con un altro Capo dello Stato (Mattarella o Amato, la Casellati o Gentiloni) con la stessa maggioranza. Una strategia che rischia, però, di essere più utile all’Europa degli «amici» che all’Italia degli italiani. Evidentemente per arrivare al Quirinale stavolta si passa per il Draghistan.