Per «salvare» Napoli non bastano gli «aiutini», bisogna soprattutto ridurre le spese

La situazione di Napoli è difficile ma non impossibile

Il debito che grava sul Comune partenopeo è enorme e un aiuto dallo Stato certamente non guasterebbe ma le strade che si prospettano sono tutt’altro che risolutive. Anzi. Il premier Draghi, a quanto sembra, non ha alcuna intenzione di favorire l’ente partenopeo rispetto ad altre città metropolitane in dissesto economico. Secondo il suo assunto, ma anche di buona parte del governo, bisognerà aiutare tutti i comuni in pre-dissesto.

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Si sta approntando un emendamento che però riguarderà anche Torino, Bari, Reggio Calabria. Una «mancetta» da 85 milioni per acquietare un po’ gli animi. Niente al confronto dei 5 miliardi di debito. E allora nei salotti romani si starebbe pensando a un piano decennale per fornire un po’ di liquidità. Poi, ma di difficile attuazione, i due emendamenti presentati dai senatori Valente, Presutto e Ruotolo che non hanno riscosso molto successo tra i colleghi.

In ogni caso, comunque andrà e qualsiasi aiutino arriverà, il Comune di Napoli dovrà accettare di rivedere la Giunta e un pacchetto di condizionalità stile Unione Europea. Palazzo San Giacomo riceverà liquidità in cambio del raggiungimento di alcuni obiettivi tra cui il miglioramento della riscossione. È ormai arcinoto che solo un napoletano su tre paga le tasse. Questione che ha ben contribuito all’aumento del debito. Ma comunque non sarebbe un’azione risolutiva.

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Ridurre l’elevato costo delle partecipate

In nessun comune del mondo si riscuote il 100% di quanto dovuto, anche raddoppiando la cifra riscossa il debito e la spesa corrente sarebbe comunque troppo elevata. Non è che riscuotendo una multa da un automobilista si risolva il problema. Bisognerebbe, aldilà degli aiuti da Roma, intervenire su tanti altri aspetti. Come l’elevato costo delle partecipate del Comune di Napoli. Asia e Anm, solo per citarne qualcuna tra le tante, sono un vero e proprio buco nero che ingoia milioni di euro senza restituire niente.

Basti pensare che solo l’azienda di gestione dei rifiuti costa alle casse comunali circa 250 milioni di euro per un servizio tutt’altro che all’altezza. Esattamente quanto chiesto da Manfredi al governo per cinque anni. Solo riducendo anche questi costi si potrà iniziare a parlare di un vero e proprio risanamento delle casse partenopee. Se anche da Roma arrivassero 250 milioni di euro per un quinquennio, come chiesto dal sindaco, non si risolverebbe la situazione, si andrebbe ad ammortizzare un po’ il disavanzo e a iniettare un po’ di liquidità ma niente di più.

Ecco, se si vuole davvero rendere il bilancio sostenibile bisogna iniziare a lavorare anche su questi aspetti. Ma anche su di una miglior gestione dell’enorme patrimonio immobiliare e a tanti altri aspetti che Manfredi sicuramente conoscerà più di noi. Chiedere solo un cambio di passo alle politiche di riscossione per «apparare» il buco sembra alquanto utopistico. Invece minor costi di gestione uniti a maggiori introiti renderebbero il bilancio più bello.

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