Martedì inizierà l’esame in Senato della manovra, ma già iniziano le polemiche nella maggioranza

Ancora un testo ufficiale non c’è, ma è certo che la manovra inizierà martedì il suo cammino. Intanto FdI attacca il governo per il ritardo

Due giorni. Questo il tempo che separa la prima manovra di Mario Draghi da quella di Giuseppe Conte, presentata lo scorso anno. Si chiude così un’attesa durata quasi un mese, se si considera che la legge di Bilancio dovrebbe essere presentata entro il 20 ottobre. Invece, sarà il 16 novembre quando ufficialmente la presidente Casellati nell’Aula di Palazzo Madama annuncerà l’arrivo della finanziaria ed aprirà la sessione di bilancio.

Fino ad allora dovrà passare un altro week end a vuoto perché almeno per il momento la legge di bilancio non è stata né firmata dal Capo dello Stato né pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il tutto a testimonianza di un parto complicato e difficile, per non parlare della gestazione altrettanto delicata come testimonia l’aumento di articoli della stessa manovra rispetto alla versione uscita da Palazzo Chigi lo scorso 28 ottobre.

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La conseguenza di una dura mediazione alla quale è stato costretto Mario Draghi dai partiti, che progressivamente stanno cercando di riconquistare centralità e spazio di manovra. E l’effetto è stato quello di rallentare l’azione del governo, che infatti risulta meno spedito rispetto ai mesi scorsi.

Meloni: «In Senato fuori tempo massimo»

Ritardi e rallentamenti che hanno portato immediatamente Giorgia Meloni, leader dell’unica opposizione al governo Draghi, a denunciare: «La manovra è arrivata in Senato fuori tempo massimo. Intanto bisogna capire se ci sono i margini per modificarla, e io credo che sarebbe francamente inaccettabile, se dopo che abbiamo votato il Pnrr senza aver avuto la possibilità di leggere il documento, dovessimo votare una manovra senza la possibilità di dire la nostra».

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Per la Meloni, infatti, «di cose da modificare ce ne sono diverse, penso al tema del reddito di cittadinanza, alle tasse, al cuneo fiscale, al taglio del costo del lavoro, alle pensioni con privilegi e discriminazioni inaccettabili».

Ma anche nell’area di governo le fibrillazioni non mancano. Ad esempio, sul fronte M5S se si tira un sospiro di sollievo per la conferma del reddito di cittadinanza, pur se con una stretta sul piano dei controlli, a far storcere il naso è il superbonus. Le nuove norme nel decreto varato qualche giorno fa introducono ulteriori controlli e passaggi nell’iter di approvazione degli sconti, con il rischio che con l’aggravio burocratico sia sempre più difficile accedere alle agevolazioni.

Da qui la denuncia dei deputati Riccardo Fraccaro, Luca Sut e Patrizia Terzoni che «se non si apre una seria riflessione sui recenti interventi relativi al Superbonus 110%, corriamo il serio rischio che si generi una situazione caotica tale da vanificare gli effetti della proroga che il M5s ha fortemente voluto».

Nemmeno tra le file della Lega arrivano sorrisi

Dopo aver dovuto ingoiare l’addio a Quota 100, il partito di Salvini ha presentato al dl fiscale collegato alla manovra un emendamento per reintrodurre la flat tax per compensi o ricavi oltre i 65mila euro e fino ai 100mila. La proposta stima oneri per 110 milioni per il 2022, 1,13 miliardi per il 2023 e 860 milioni dal 2024, a cui «si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo per il reddito di cittadinanza».

Insomma, messo così il cammino della manovra appare tutt’altro che semplice. E tutto questo senza contare che ufficialmente la manovra ancora non è al Senato. Infatti, quello che è arrivato al momento sono le schede allegate alla legge di bilancio, ma il testo vero ancora non c’è. Si attende la firma del presidente della Repubblica e poi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Solo dopo il testo arriverà in Senato.

Ma comunque sia dai primi segnali il clima sembra essere tutt’altro che disteso, anche considerando che il tempo a disposizione per l’esame sarà abbastanza limitato. Infatti, è certo che tutto il lavoro sarà svolto al Senato e il passaggio alla Camera dei deputati sarà soltanto formale. E con la spada di Damocle del 31 dicembre, termine oltre il quale se non fosse approvata la manovra scatterebbe l’esercizio provvisorio. Diciamo che dal governo dei migliori ci si attendeva ben altro.

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