Elezioni a Caserta, la candidatura Gianpiero Zinzi: un parto pilotato

di Nicolò Antonio Cuscunà

La scelta di Gianpiero Zinzi per la corsa a sindaco di Caserta ha creato problemi a sinistra e a destra

Tutti ricorderanno il lungo e sofferto travaglio del centrodestra dal quale nacque il candidato sindaco di Caserta; settimane e settimane d’incontri tra vertici locali regionali e nazionali, svolti a Napoli, Roma e Canicattì. Tele novella tra sacro e profano condita da antichi modi di dire sempre saggi e attuali: Filippo se ne voleva andare e il vescovo lo voleva cacciare; oppure: mamma Ciccio mi tocca… toccami Ciccio che mamma non c’è.

Incontri semiufficiali, segreti ma pubblicizzati, svolti con l’ipotizzato antagonista, organizzati per spaventare il prescelto ancora riluttante e da convincere. Insomma, manfrine per rendere appetibile il biberon e convincere il ninno a ciucciarlo. Infine, con parto pilotato, il prescelto cedette all’esercizio del potere che, come si sa, è migliore del fottere al pari del comandare. Candidatura, quella di Gianpiero Zinzi, che di fatto ha creato problemi a sinistra e a destra: vediamo perché.

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Carlo Marino non vive sonni tranquilli, ed a nulla servirà tentare d’appiccicare, ad ogni costo, il marchio Lega al giovane capogruppo di Salvini in regione Campania. Carlo Marino, dall’alto della sua grande esperienza dovrebbe sapere, ma finge d’averlo scordato, che essere leghisti è una forma mentis, è un modo di concepire la vita, e chi nasce tondo non morirà mai quadrato, ed entrambi sono figli delle stesse radici. L’educazione a servire la Res Publica è un percorso di vita lento e costante, fatto con piccoli passi, costruito con sacrifici, con lunghi anni d’ascolto, di riflessione e prontezza d’agire in altruismo.

Tutti i meridionali vorrebbero amministratori esperti e capaci

Leghisti si nasce e si cresce in quelle aree plasmate col bello e all’insegna del bello, dove le regole sono certe e tutti le rispettano. Non si diventa leghisti semplicemente indossandone il simbolo. Come detto popolare afferma: «per diventare esperti amministratori pubblici si devono mangiare panelli e panelli di pane, cotti nei forni del buon governo in cui si amministrano gli interessi di attenti e partecipi cittadini». Crediamo che non solo i casertani, ma tutti i meridionali vorrebbero amministratori esperti e capaci come quelli che guidano città e regioni del nord Italia.

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La Lega, anche diretta dal secessionista Bossi, anche quando urlava Roma ladrona, forza Vesuvio e svegliati Etna, ed asseriva priorità assoluta per le aree gestite dal guerriero di Giussano, ha sempre amministrato i Municipi con oculatezza e grandissime capacità.

I risultati sono sanciti dalle graduatorie in cui emergono: ricchezza diffusa derivata da reddito procapite, investimenti per il tempo libero e cultura, indispensabili presupposti alla creazione d’eccellente qualità della vita, diritto al lavoro garantito, sanità pubblica funzionante e di qualità, sistema educativo, formativo scolastico funzionante, trasporti pubblici eccellenti, sport garantito da spese pubbliche, forte impegno all’economia derivata da turismo. Quindi, non è questione di simboli, ma di uomini; quelli che mancano in certe aree del Sud.

Queste conquiste non si ottengono indossando la casacca della Lega

Sventolando bandiere del carroccio o postando selfie con Salvini & C. A poco o nulla servono il gran numero di liste stracolme di non residenti senza l’esercizio del voto. Promettere risanamenti finanziari, posti di lavoro o, peggio di peggio, imbarcare ciurma dalle più disparate esperienze, al massimo serve a perdere residui di credibilità.

Puerile chi vuole Caserta prima degli altri e chi nel cuore, chi la vuole verde e chi la vuole nuova, soprattutto chi la vuole asservita al capo. Caserta è la città che conosciamo e sappiamo bene chi l’ha resa quasi invivibile, c’è poco da stare allegri inseguendo facili promesse e slogans patinati; l’esercizio del voto utile ed intelligente farà la differenza tra il continuare a sprofondare o rischiare di cadere dalla padella nella brace. Dipende solo da chi saprà passarsi la mano sulla coscienza puntando a voltare pagina.

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