A Palazzo Chigi il premier impone la ‘Pax Draghi’ ma fuori tra i partiti è scontro su tutto

Il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha incontrato il presidente del Consiglio Mario Draghi

Con il passare dei giorni emerge sempre più chiaramente che ormai esiste una netta divaricazione tra il clima che si respira a Palazzo Chigi e quello tra i partiti politici. È come se una sorta di Pax Draghi fosse stata imposta al governo, ma poi varcata la soglia del portone di Chigi questa svanisse. Non si spiegherebbe infatti perché una volta al cospetto di Draghi tensioni, rivendicazioni e pretese si sciolgano come neve al sole, consentendo ai provvedimenti di essere approvati senza nemmeno un’alzata di sopracciglio.

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L’ultimo in ordine di tempo a cadere vittima della Pax Draghi, Giuseppe Conte che ieri ha incontrato il presidente del Consiglio per un primo faccia a faccia. Sia chiaro l’ex premier ancora non è il presidente del M5S ma ormai si muove e si comporta come se lo fosse, soprattutto dopo l’incontro di Bibbiona con Beppe Grillo.

E così ieri si è presentato al cospetto di Draghi per rivendicare i valori e l’identità del M5S sulla riforma della giustizia. Insomma, per chiedere modifiche al testo presentato dal Guardasigilli Cartabia perché così com’è è indigeribile per i Cinquestelle, che invece rimangono tenacemente aggrappati alla riforma Bonafede che ha abolito la prescrizione.

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Un incontro durato 40 minuti, non tanto considerando i convenevoli e le frasi di circostanza, alla fine del quale Conte ha così commentato: «Ho assicurato un atteggiamento costruttivo dal parte del Movimento sulla riforma della Giustizia», e continuando: «Daremo un contributo per migliorare e velocizzare i processi ma saremo molto vigili per scongiurare il rischio di soglie di impunità. Saremo molto attenti su questo».

I militanti del M5S masticano

Insomma, ben poco. Anzi dietro le quinte i militanti del M5S masticano amaro sentendo puzza dell’ennesimo dietrofront. Troppo vaghe le parole dell’ex premier e soprattutto toni molto pacati. La convinzione è che Draghi non abbia alcuna intenzione di riaprire la discussione ma al massimo di concedere qualche piccolo contentino. Del resto da Lega, Forza Italia e Italia Viva c’è il pieno sostegno alla riforma e anzi la richiesta di fare presto.

Peraltro, ed è un ragionamento che circola da qualche giorno la riforma è passata in Consiglio dei ministri all’unanimità e quindi anche con l’assenso dei ministri cinquestelle, porre adesso degli ostacoli o addirittura chiedere di rivedere l’impianto sarebbe quantomeno una scelta incomprensibile. E non a caso dallo stesso Ministero della Giustizia si insiste a parlare non tanto di riforma Cartabia ma piuttosto di riforma del governo, proprio per sottolineare il sostegno unanime giunto da tutto il Consiglio dei ministri.

Come detto però basta uscire da Palazzo Chigi per imbattersi nello scontro di tutti contro tutti. Sia all’interno della maggioranza e sia fuori. A dividere in particolare è l’ipotesi di introdurre il green pass, cioè una sorta di certificato che attesti o l’avvenuta vaccinazione o un tampone non positivo nelle ultime 48 per poter accedere a una serie di attività e servizi. Anche qui però è molto probabile che i contrasti tra partiti lasceranno il tempo che trovano e che al momento decisivo della scelta in Consiglio dei ministri prevarrà la Pax Draghi.

Green pass, Draghi e le scelte obbligate

Su questo punto, come nel caso della giustizia, il premier sembra voler bruciare le tappe e mettere tutti dinanzi a scelte obbligate. Ad aiutarlo il diffondersi della variante Delta, che unito ai vecchi sistemi di monitoraggio, rischierebbe a breve di portare l’Italia nuovamente alle chiusure. Fare presto, quindi, sia nel cambiare i parametri ma anche nel dotare il Paese di misure capaci di contrastare la diffusione dell’epidemia. Il che significa, appunto, green pass, cioè vaccinazioni o tampone, per poter accedere a servizi, attività ricreative o di ristorazione.

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Il governo comunque sta ancora studiando quali tipologie di attività dovrebbero rientrare nel green pass. Il Cts che non si è ancora riunito ha fatto pervenire le sue valutazioni, che porterebbero al ricorso al green pass in una versione più rigorosa e in particolare anche per i ristoranti al chiuso. Ma si ragiona anche di modulare il green pass a seconda delle aree del Paese alla luce del quadro epidemiologico.

La cabina di regia è fissata per domani e il Consiglio dei ministri dovrebbe essere al massimo convocato per venerdì così da rendere operative le nuove misure per lunedì prossimo. Ma a questo appuntamento, come detto, le forze politiche vi arrivano in ordine sparso e in lite tra di loro.

Certificato verde, Lega e FdI contrari. Via libera da Forza Italia

Matteo Salvini ha ribadito il suo no al green pass perché «fatto ora, sarebbe una sciagura e iattura inutile. Tutto il mondo sotto i 30 anni non avrebbe la doppia dose prima dell’autunno». Insomma, «Ne parleremo da ottobre in poi: partire adesso è impossibile perché metà degli italiani ancora non possono fare la seconda dose del vaccino, è palesemente impossibile applicare delle restrizioni se metà degli italiani sono impossibilitati».

Peccato però che Forza Italia abbia dato già il suo via libera precisando con Antonio Tajani che «va usato per eventi dove ci sono molte persone come partite, teatri, cinema cerimonie. Se un ristorante ha 10 posti a sedere, no».

Del Pd la posizione è nota con Enrico Letta che anche ieri è tornato a dire che «è necessario dare il più rapidamente un quadro di certezze ai cittadini e agli esercenti sulle regole, questo è essenziale». E in realtà proprio tra le categorie commerciali si starebbe facendo largo l’idea di accettare l’introduzione del green pass come uno strumento per evitare possibili chiusure in autunno.

Mentre fortemente critica, ma anche questa posizione era nota, è Fratelli d’Italia che con Giorgia Meloni parla di una misura «economicida. Applicarlo per poter partecipare alla vita sociale è una scelta diametralmente opposta, secondo me inutile sul piano del contrasto della pandemia. Ma in compenso drammatica sul piano economico».

Fratelli d’Italia a parte bisognerà vedere se anche in questo caso Draghi riuscirà ad imporre la sua pace o stavolta dovrà cedere qualcosa ai partiti. Finora non l’ha fatto, chissà che ci riesca anche stavolta.

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