Chissà se avrà inciso l’indiscrezione di una sua possibile uscita dal Ministero, la classica promozione-rimozione, ad aver spinto il ministro della Salute, Roberto Speranza, a dire dagli studi televisivi di Porta a Porta che «sia sicuramente lecito aspettarsi» le aperture per «maggio», anche se rimane il monito di «verificheremo i dati giorno per giorno».
Comunque sia sulla strada del ritorno alla vita cade uno dei baluardi delle chiusure, il leader del rigorismo che Matteo Salvini ormai ne aveva fatto quasi un quotidiano bersaglio da abbattere. Una strategia che era stata vincente ai tempi di Angelino Alfano ministro dell’Interno sul quale Salvini riversò le paure e le insofferenze degli italiani spaventati dalle ondate migratorie. Al grido di ‘prima gli italiani’.
Stavolta Salvini aveva deciso di fare la stessa cosa, però al grido di ‘prima le riaperture’, ponendosi come il leader del ritorno alla vita in netta contrapposizione con Speranza, ormai frontman di quella che lo stesso leghista aveva bollato come la ‘linea del terrore’. Così con quelle parole affidate a Porta a Porta Speranza ha cercato di sfilarsi, evitando che anche il governo ne venisse risucchiato e che alla lunga tutto questo potesse risolversi in una scelta dolorosa per lui. Appunto l’uscita dal governo.
Questo perché, se da un lato c’è stata la smentita di Palazzo Chigi, però dal sapore quasi protocollare, un irrigidimento dello stesso Speranza su una posizione di intransigenza, con una situazione sociale sempre più precaria, difficilmente avrebbe resistito, con lo stesso Draghi in dubbio se continuare ad assecondarla. Riferiscono, infatti, che le immagini delle manifestazioni in tutta Italia, specie a Roma, al premier non siano piaciute affatto. Ed a poco è valsa la spiegazione di una piazza eterodiretta dai ‘fascisti del Terzo millennio’, anche perché, al di là dei saluti romani fatti in favore di telecamera, la protesta c’era, il risentimento covava, l’insofferenza montava tra quei manifestanti.
Perciò, il rischio di Speranza di trovarsi isolato sarebbe stato tutt’altro che campato per aria. Da qui l’apertura anche se timida, ma comunque uno spiraglio nel quale chi da settimane invoca le riaperture è pronto ad infilarsi con decisione. In questo contesto si immette anche il via libera all’Uefa per i prossimi Europei con un 25 per cento di pubblico negli stadi; e così anche la possibilità che da luglio finalmente anche il settore delle fiere internazionali ritorni a riaprire.
Insomma, l’Italia va scongelata proprio in concomitanza con l’arrivo della bella stagione che dovrebbe favorire quella regressione del virus come accaduto nella scorsa estate, quando però troppo ottimisticamente si brindò alla fine della pandemia. Stavolta, tuttavia si fa affidamento sulla campagna vaccinale per evitare l’affacciarsi della quarta ondata per il prossimo autunno. Campagna vaccinale che, almeno per il momento, non toccherà quei 500mila vaccini al giorno ma si attesterà su un livello più realistico di 300mila somministrazioni quotidiane.
Questo sempre che i problemi di approvvigionamento siano superati. Infatti, il blocco di Johnson&Johnson rischia di essere l’ennesima grana sulla strada delle vaccinazioni di massa e anche la tetra conferma che la sperimentazione di questi vaccini alla fine coincide con la stessa somministrazione umana.
Tornando al tema delle riaperture, ieri il premier Draghi in una riunione a Palazzo Chigi ha dispensato ottimismo, iniziando ad anticipare la necessità di stabilire un cronoprogramma per le aperture. Il tutto in vista di quel 20 aprile, data ormai da tutti cerchiata in rosso, che dovrebbe decidere sulle future riaperture.
Di certo a quell’appuntamento le Regioni ci andranno con le idee chiare visto che già domani in occasione della Conferenza Stato-Regioni metteranno sul tavolo le loro proposte: ristoranti aperti nelle zone gialle anche la sera sfruttando gli spazi all’aperto, numero delle somministrazioni dei vaccini da inserire tra i parametri del monitoraggio che determina le fasce di colore, calendario e regole per riaprire parallelamente cinema, teatri, musei e palestre. Il giorno prima della cabina di regia che dovrà prendere atto dei nuovi dati e, forse, definire le nuove misure che potrebbero partire proprio dal 20 aprile.
Riaperture che però viaggiano in parallelo con i sostegni economici. Oggi, infatti, ci sarà anche il Consiglio dei ministri per stabilire lo scostamento di bilancio, mentre il giorno successivo toccherà al Def. Come ha spiegato la ministra Gelmini si tratterà di «una cifra importante a favore delle categorie più colpite». Si parla di 40 miliardi che serviranno a finanziare il decreto Imprese, che dovrebbe articolarsi così: una metà dei fondi per i ristori ed i restanti 20 miliardi, 15 per ristorare dai costi fissi e rafforzare la liquidità delle aziende, mentre gli ultimi 5 destinati a confluire in un fondo dedicato alle opere escluse dal Recovery plan.
Sul fronte dell’opposizione, infine, Fratelli d’Italia oggi alle 11.30 terrà una conferenza stampa per presentare gli emendamenti al decreto Sostegni in discussione al Senato, dove per la prossima settimana sono state fissate le prime votazioni. E nel corso della conferenza stampa con dossier e numeri alla mano saranno indicate chiaramente le criticità e i limiti del provvedimento, a testimonianza che sia Conte o sia Draghi il risultato sul piano degli aiuti alle categorie in difficoltà non cambia.
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