Da produzione industriale segnali di ripresa ma serve un lockdown alle tasse

di Gianluigi Di Ronza

A febbraio 2021 l’Istat stima che l’indice della produzione industriale aumenti dello 0,2% rispetto a gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio il livello della produzione cresce dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Scende invece dello 0,6% se confrontato su base annua.

«Dati non certo esaltanti, ma poteva andare peggio. La caduta annua era scontata e inevitabile, visto che febbraio 2020 è l’ultimo mese pre-lockdown e, dunque, pre-crisi, ma è contenuta. Bene invece che ci sia un rialzo su gennaio, anche se certo è appena sopra lo zero. Insomma, finisce con un pareggio fuori casa» afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

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I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+8,5%), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+4,6%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+3,5%). Viceversa, le flessioni maggiori si registrano nella fabbricazione di prodotti petroliferi raffinati oltre che nelle industrie tessili, abbigliamento.

I dati sulla produzione industriale non riescono a migliorare il quadro complessivamente offerto dall’Istituto di Statistica Nazionale in merito all’indagine sulla competitività del sistema produttivo del Paese, che è rappresentato in special modo dalle piccole imprese.

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Quasi il 60 per cento delle realtà imprenditoriali con meno di 50 addetti ha segnalato di essere ad alto rischio: gli effetti di questa situazione sarebbero collegati per il 58,1% a problemi di liquidità e per il 34,1%  alla caduta della domanda interna. Le difficoltà delle piccole imprese sono presenti in tutti i settori produttivi, ma risultano relativamente più diffuse nella ristorazione e nella filiera del turismo.

L’Osservatorio sui Bilanci 2019 del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha stimato perdite per 38 miliardi nel settore ristoranti e alberghi a causa dell’emergenza Covid-19. Lo studio evidenzia in particolare che le oltre 74 mila società di capitali del comparto, che occupa oltre 670 mila dipendenti, realizzerebbero complessivamente una perdita di 38,503 miliardi di euro, pari a circa la metà dell’intero settore.

Numeri che offrono una rappresentazione statistica di quella tensione sociale, sempre più diffusa in molte categorie del lavoro autonomo, che sta riempiendo le piazze e animando i cortei di questi giorni.

«Il Governo deve abbandonare la politica dei micro aiuti attuata fino adesso, sostituendola con misure straordinarie – riporta la nota della CGIA di Mestre. È necessario, ad esempio, “applicare” per l’anno in corso il lockdown alle tasse erariali».

L’Ufficio Studi dell’Associazione degli Artigiani e Piccole Imprese di Mestre propone un intervento di 80 miliardi aggiuntivi di sostegni alle piccole imprese. Di questi circa 30 miliardi sarebbero necessari per dare efficacia a quel lockdown alle tasse erariali che consentirebbe, alle 4,9 milioni d’imprese che hanno subito un calo di fatturato rispetto al 2019, di non versare l’Irpef, l’ires e l’Imu sui capannoni.

E per concretizzare quanto dichiarato dal Premier Draghi nelle scorse settimane, «questo è un anno in cui non si chiedono soldi, ma si danno», la nota della CGIA ha stimato che occorrono ulteriori 50 miliardi per rimborsare le perdite subite dalle aziende e per compensare anche una buona parte dei costi fissi sostenuti.

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