Nel suo ‘complimese’ Draghi regala divieti per tutti e una Pasqua blindata. Ma occhio a chiamarlo lockdown

Addio zona gialla e per le festività di Pasqua un’unica zona rossa nazionale. Il governo Draghi nel primo mese di vita regala agli italiani un decreto legge che dispone una stretta decisa alle misure di contrasto alla pandemia. Un provvedimento che entrerà in vigore lunedì fino al 6 aprile.

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Con le ordinanze del ministro della Salute passeranno in area rossa Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Veneto e la Provincia autonoma di Trento, che si aggiungono a Campania e Molise. Tutte le altre Regioni saranno arancioni per gli effetti del decreto, che annulla il giallo per tutta la sua durata. Resta in bilico la Basilicata sulla quale è in corso una verifica dei dati da parte del ministero, mentre la Sardegna resta in area bianca.

Si confermano quindi le attese della vigilia che davano per sicuro un giro di vite. Insomma, a poco più di un anno di distanza dal lockdown generale della primavera scorsa si ritorna a un qualcosa di simile. Chi, quindi, pensava che l’avvento del nuovo governo avrebbe portato con sé la fine delle limitazioni, delle chiusure e dei divieti è stato smentito sonoramente. Draghi continua dove Conte aveva lasciato.

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Certo, stavolta non ci sono i Dpcm e nemmeno le conferenze stampa social, ma il risultato cambia poco. L’Italia ritorna a limitare spostamenti e circolazione, torna a chiudere scuole e ristoranti, rispolvera l’ormai triste famosa frase, chiudiamo adesso per riaprire domani (stavolta è Matteo Salvini a dirla e non più Giuseppe Conte) individuando il rigore come l’unica strada per fronteggiare l’emergenza Covid.

Giuseppe Conte

Il governo dei migliori rimane tale nel giudizio dei commentatori, ma nella pratica non si discosta più di tanto da quello che aveva fatto finora Giuseppe Conte, al punto che già in tanti si chiedono il senso di una crisi di governo e di un nuovo Esecutivo se poi gli strumenti devono essere sempre gli stessi.

Un interrogativo che ormai non si limita più soltanto alla politica ma che sta iniziando piano piano a conquistare pure il mondo dei media. E non quelli solitamente contrari all’approccio rigorista, ma pure coloro che di questo governo ne erano stati i primi supporter.

Uno a caso? Il Foglio di Cerasa che in un articolo di quest’ultimo, ieri, dal titolo alquanto evocativo «L’arte di governare le delusioni» iniziava a fare un primo tagliando al governo Draghi dopo un mese di vita, ammettendo che «in mezzo a mille progetti da sballo e in mezzo a mille svolte da urlo vi sia anche qualcosa che, impercettibilmente, inizia a sfuggire…». A Cerasa manca senza dubbio il coraggio di dire le cose come stanno ma almeno ha l’onestà di dire che qualcosa sta sfuggendo.

E verrebbe da dire che più di un qualcosa qui sta sfuggendo di mano. Basterebbe pensare che in un mese tondo tondo di governo non sappiamo quale sarà il piano vaccinale e come si intende procedere. E’ vero, Arcuri è stato messo alla porta ed è arrivato il generale Figliuolo, ma ancora non è chiaro come Mario Draghi voglia procedere. Senza contare che mancano i vaccini e se non bastasse c’è la brutta rogna del ritiro di un lotto di Astrazeneca, che rischia di intorbidire le acque sulla sicurezza dei vaccini.

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Dopo un mese la promessa di tenere aperte le scuole, e addirittura di chiuderle il più tardi possibile in estate, è stata già disattesa. Il passaggio di gran parte delle Regioni italiane in zona rossa porterà a chiuderle per ogni ordine e grado. Per non parlare di musei, cinema e teatri, in questo contesto generalizzato di chiusure apriranno i battenti il 27 marzo? Senza dimenticare che il passaggio dell’Italia in zona arancione o rossa, il giallo non c’è più, porta necessariamente a chiudere i servizi di ristorazione lasciando a loro soltanto l’opportunità dell’asporto.

In questo scenario il famoso dl Sostegni ancora non vede la luce, rimandato di settimana in settimana. Ieri dall’hub vaccinale di Fiumicino il premier Draghi ha assicurato: «Il decreto che comprende tutte le altre misure di sostegno all’economia è previsto per la settimana prossima. Per questo i 32 miliardi già autorizzati sono interamente impegnati». Ma viene naturale chiedersi chi sarà ricompreso in questo provvedimento e soprattutto con quali garanzie di sostegno? Giorni fa Il Sole 24 Ore ipotizzava un sistema di rimborso non sulla base delle effettive perdite ma su una percentuale di queste. Ipotesi che aveva già fatto levare le proteste delle categorie interessate.

E naturalmente le ulteriori chiusure che il governo va stabilendo, portano ad interrogarsi se basteranno queste risorse. Certo che no, e lo conferma lo stesso Draghi che subito dopo aggiunge: «Ho intenzione di proporre al Parlamento, in occasione della presentazione del Documento di Economia e Finanza, un nuovo scostamento di bilancio». Il che però significa che se tutto va bene il provvedimento arriverà a fine aprile, altro tempo che passa ed ulteriori perdite se continuano le chiusure, ma soprattutto altro debito che contrarrà il nostro Paese da cui prima o poi bisognerà rientrare.

Senza dubbio il fatto che adesso il tutto sia stato stabilito con un decreto legge e non con un Dpcm è un passo in avanti e porterà il Parlamento ad intervenire, ma con quali garanzie di intervenire? In un mese di vita il governo Draghi ha già apposto 2 fiducie, tutte al Senato. Un po’ tante se si considera che questo Esecutivo può contare su un sostegno parlamentare di quasi il 90 per cento. E pure sul Recovery Plan, che Draghi aveva assicurato sarebbe stato varato con il pieno contributo parlamentare, è buio pesto sulle intenzioni del governo.

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Non ha torto, perciò, Giorgia Meloni nel dire che «da Draghi ci saremmo aspettati un deciso cambio di passo rispetto a Conte» e questo perché «le nuove misure restrittive decise oggi sono in perfetta continuità con la strategia fallimentare adottata dall’inizio dell’emergenza Covid. Il Governo continua a chiudere attività come ristoranti e palestre invece di potenziare il trasporto pubblico, impedisce ai bambini e ai ragazzi di andare a scuola anziché mettere in sicurezza anziani e persone fragili, non investe come dovrebbe sull’assistenza domiciliare e le terapie nella fase precoce per abbassare la pressione su ospedali e strutture sanitarie».

Per ora il primo mese si chiude così, attendiamo e speriamo che il secondo vada meglio. Ma la verità è che a furia di dire ‘andrà tutto bene’ ci siamo accorti che quasi nulla è andato bene.

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