Procida, l’Isola di Arturo, fra le dieci aspiranti al titolo di Capitale italiana della cultura 2022

La città metropolitana di Napoli è una delle aree più complesse della penisola, con grossi problemi di natura socio-economica e con un alto tasso di disoccupazione, ed allo stesso tempo ha grandi risorse sulle quali puntare per poter garantire una prospettiva di sviluppo per un territorio unico al mondo.

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Quello che occorre è una occasione che faccia scoccare la scintilla per mettere in moto il territorio ed aiutarci ad uscire da tutti quelli che saranno i riflessi negativi del post-pandemia.

Nei giorni scorsi il sindaco di Capri, Marino Lembo, ha candidato l’isola azzurra a capitale italiana della cultura per l’anno 2024, il prestigioso riconoscimento del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, istituito nel 2014.

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Per l’edizione del 2022, invece, Procida, l’isola di Arturo descritta da Elsa Morante e cara ad artisti di tutto il mondo, è tra le dieci città finaliste per l’edizione del 2022, e nel prossimo mese di gennaio la giuria nominata dal Ministero comunicherà il progetto selezionato.

L’iniziativa, come detto, nasce nel 2014 ed è il Consiglio dei Ministri a conferire annualmente il titolo di “Capitale italiana della cultura”. Nelle precedenti edizioni è stata assegnata alle città di Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia, Siena, Mantova, Pistoia e Parma, veri scrigni del patrimonio artistico e culturale italiano.

L’istituzione della “Capitale italiana della cultura” è stata introdotta sull’onda del successo dell’analoga iniziativa europea. Gli obiettivi sono quelli di sollecitare le città e i territori a considerare lo sviluppo culturale come motore del progresso economico e di una maggiore coesione sociale, valorizzare i beni culturali e paesaggistici e migliorare i servizi rivolti a cittadini e turisti.

Il Sindaco Lembo, nel presentare la sua lodevole iniziativa, ha detto che Capri si pone come capofila di un territorio e che punterà al coinvolgimento della Regione Campania, del Comune di Anacapri e delle realtà culturali e socio-economiche isolane.

Io penso, però, che se oggi avessimo alla città metropolitana un vero Sindaco e non una persona che in questi anni ha inteso l’ente di Piazza Matteotti solo come il bancomat del Comune di Napoli, magari avrebbe assunto una iniziativa politica forte per inglobare l’iniziativa di Capri e per candidare la città metropolitana di Napoli.

Una scelta del genere, che indubbiamente rafforzerebbe la stessa iniziativa caprese, potrebbe rappresentare quella occasione per rimettere in moto l’economia del territorio metropolitano puntando allo sviluppo, al miglioramento ed alla qualità dei servizi, aumentare l’appeal non solo di Napoli ma anche di altri comuni dell’area metropolitana, creando occupazione e favorendo la crescita dei flussi turistici.

Una occasione da cogliere al volo considerato che finora, nelle edizioni precedenti, la ricaduta e l’impatto economico è stato significativo, senza contare che l’occasione potrebbe determinare un trasferimento aggiuntivo di risorse europee, nazionali e regionali, per valorizzare, restaurare e recuperare gran parte del patrimonio storico artistico del nostro territorio.

Capri con il suo prestigio e i suoi paesaggi insieme alla costiera sorrentina ed all’area flegrea, il complesso basilicale di Cimitile, Pompei ed il suo Parco Archeologico, gli scavi archeologici di Oplonti e di Sant’Anastasia, il Centro Storico di Napoli e l’immensa rete di musei, Chiese e monumenti, insomma una realtà unica al mondo.

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La scelta di puntare al titolo di Capitale italiana e non europea è dettata dai tempi, per l’edizione del 2024 si è ancora in tempo per presentare un progetto concreto e credibile al MIBACT, mentre per l’iniziativa della Unione Europea, dopo aver avuto Matera nel 2019, all’Italia la prossima volta toccherà nel 2033.

Il progetto strategicamente potrebbe svilupparsi su due strade distinte e parallele, una che punti ad investire sulle nuove tecnologie, anche al fine di un maggiore coinvolgimento dei giovani e del potenziamento dell’accessibilità, e l’altra investendo risorse sul patrimonio culturale accumulato nei secoli e su tutti gli spazi pubblici dismessi.

Una azione che dovrebbe tener conto dei fallimenti precedenti come quello clamoroso del “Forum universale delle culture”, che fu occasione di sprechi creando una zona grigia sulla quale mai nessuno ha voluto fare chiarezza fino in fondo.

Un evento può essere una grande occasione di sviluppo o di sprechi. Poiché in questo momento tutto possiamo permetterci tranne che un altro nuovo flop, occorrerebbe procedere cercando di avviare un confronto leale e di collaborazione tra le istituzioni locali, chiedendo la partnership dell’UNESCO che ha già conferito il riconoscimento di patrimonio dell’umanità al Centro Storico di Napoli, coinvolgendo le Università, le piccole e grandi istituzioni culturali che animano il territorio, gli operatori economici locali con un rafforzamento del rapporto pubblico-privato e, soprattutto, i cittadini.

Io credo fermamente nella capacità dei napoletani, se coinvolti, di partecipare da protagonisti positivi ad un processo di risveglio collettivo che faccia leva sull’orgoglio, il sentimento identitario e di appartenenza alla città da un lato, e su un condiviso percorso di cambiamento che si può mettere in atto a partire dagli input che la manifestazione innescherebbe.

Setaro

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