Gentiloni sgonfia il ‘piano per la rinascita’ di Conte

di Dario Caselli

I fondi del Recovery Fund soltanto nella primavera 2021

Nemmeno 48 ore e il piano per la rinascita del premier Conte è già saltato per aria. A farlo un insospettabile, ma voce autorevolissima dell’Unione europea, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni che nel corso di una videoconferenza organizzata dal Peterson Institute for International Economics ha detto che il nuovo fondo Ue per ripresa e resilienza, il famoso Recovery Fund, «funzionerà dal 2021 ma incoraggiamo gli Stati membri a proporre i loro piani di investimento e riforma già in autunno per avviare le discussioni rapidamente e rendere possibili i primi esborsi in primavera».

Non solo. Ha anche spiegato che «la raccolta di risorse sul mercato è connessa con il bilancio Ue 2021-2027 che entrerà in vigore dal 2021». Così «per quest’anno la disponibilità è poca» in tutto 11,5 miliardi.

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Poche righe per far venir meno uno dei pilastri centrali nella strategia del presidente Conte, il quale puntava proprio sui 175 miliardi di euro per finanziare le importanti riforme e soprattutto per sbloccare le tantissime infrastrutture che da decenni, ma forse anche qualcosa in più, sono bloccate.

Parallelamente è chiaro che diradandosi nel tempo i fondi del Recovery Fund si stringe il cerchio, ma forse sarebbe meglio dire il cappio, intorno al nostro Paese per accettare quei 36 miliardi del Mes, che sarebbero immediatamente disponibili. Ma chissà a quali condizioni.

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Le dichiarazioni di Gentiloni, però, osservate al microscopio della politica consentono di rilevare interessanti elementi e aspetti che a prima vista potrebbero essere non colti. E che aprono scenari inaspettati e a di poco preoccupanti.

Prima di tutto che per ora non si vedrà un euro. Tutto spostato al 2021. Un duro colpo per il premier che fino a ieri continuava a ripetere, insieme al ministro dell’Economia, che l’obiettivo era quello di avere subito i fondi del Recovery. Già da questa estate.

Di Maio - Coronavirus
Il ministro Luigi Di Maio

E forse sarà il caso di avvisare il ministro Luigi Di Maio visto che ancora ieri dagli studi di Stasera Italia insisteva che «la trattativa non è finita per fare arrivare i fondi subito dopo l’estate». Sarebbe il caso di fargli leggere le dichiarazioni di Gentiloni, perché se tutto andrà bene i soldi inizieremo a vederli nella primavera del 2021, quindi quasi tra un anno.

Secondo punto i piani di investimento e riforma, che Gentiloni chiede ai singoli Paesi, dovranno essere presentati già in autunno, affinchè i fondi possano arrivare prima possibile. Parole che confermano che le risorse non saranno concesse a fiducia ma soltanto dopo un esame attento della destinazione e soprattutto degli impegni presi dal governo nazionale sul piano delle riforme, e tra queste ci sono la burocrazia e la giustizia di cui Conte ha parlato due giorni fa. Riferimento, quindi, che non sembrerebbe casuale e che anzi confermerebbe che probabilmente il premier era già a conoscenza delle condizioni poste dall’Ue.

I fondi non saranno a fondo perduto ma ad investimento

Inoltre, si conferma anche quello che da tempo ripetono alcuni economisti e cioè che più che parlare di soldi a fondo perduto sarebbe il caso di parlare di risorse ad investimento. Il che vuol dire, anche, che dovranno essere destinati a progetti di sviluppo e di rilancio e non certo per il taglio della spesa corrente. Quindi, niente riduzione delle tasse come invece subito in molti nella maggioranza avevano sostenuto tra cui proprio il ministro Di Maio, che quindi non solo dovrà dire addio ai fondi in estate ma anche che siano indirizzati a tagliare le tasse.

Ultimo elemento, ma non meno importante degli altri, è che per quest’anno i fondi saranno soltanto 11,5 miliardi. Briciole rispetto alle reali esigenze del Paese, o forse sarebbe meglio utilizzare le stesse parole di Gentiloni: «la disponibilità sarà poca».

Un quadro preoccupante, quindi, per la nostra economia che ha bisogno subito di risorse importanti e che almeno per il momento dall’Ue non arriveranno. Tranne che per Sure, Bei e appunto il famigerato Mes. Una situazione che, secondo molti, sembra spingere proprio nella direzione di accettare quest’ultimo vista l’impossibilità di accedere alle altre risorse.

D’altro lato è lecito chiedersi per quale ragione Gentiloni abbia rilasciato queste dichiarazioni, che rappresentano una pietra tombale, almeno per il momento, ai piani ambiziosi di Conte mettendo in grossa difficoltà il governo.

Perché se è vero che da tempo era noto quanto detto dall’esponente di governo dell’Ue, il fatto che si stato il commissario all’Economia a fare queste dichiarazioni cambia completamente la sostanza.

Insomma, gli danno un carattere di veridicità e di autenticità. Quindi, perché? Un’uscita improvvida? O piuttosto un messaggio ai ‘Paesi frugali’ (proprio ieri a questi si è aggiunta anche la Finlandia) per fargli accettare il Recovery fund nella riunione del Consiglio d’Europa del prossimo 17-18 giugno? Infatti, se non vi fosse l’unanimità il piano non passerebbe.

Gentiloni ha voluto rassicurare i ‘Paesi frugali’?

Ecco che allora Gentiloni con questi chiarimenti, con l’assicurazione che se ne riparlerà nel 2021 con il nuovo bilancio e che le risorse saranno date soltanto dopo la presentazione di piani di riforme, e quindi non a fondo perduto, potrebbe aver voluto rassicurare i ‘frugals’ e portarli dalla sua parte.

Si vedrà, ma è chiaro che se la situazione rimanesse così lo scenario per la maggioranza si farebbe complicato. Dalla stanza dei bottini del Pd continuano a pressare il premier per passare a una fase operativa. Il tempo delle chiacchiere è finito, bisogna dare certezze ai cittadini e soprattutto soldi a lavoratori, imprese e famiglie.

De Bertoldi: da governo grande inganno alle imprese

de Bertoldi contro Roberto Saviano
Andrea de Bertoldi

Ed è sintomatico che tutto questo si sia verificato nel giorno in cui il Senato ha approvato in via definitiva il dl Liquidità imprese. Infatti, questo è il provvedimento che agli inizi di aprile il premier e il ministro Gualtieri presentarono come quello che avrebbe immesso nel circuito economico un bazooka di 400 miliardi per le aziende.

Invece, come ha fatto rilevare il senatore di Fratelli d’Italia Andrea de Bertoldi in sede di dichiarazioni di voto «dietro la promessa del governo di crediti per 400 miliardi alle imprese c’era un grande inganno. Per poter rilasciare prestiti per una simile somma occorrono garanzie per 40 miliardi, e il governo ne ha messi appena circa 2,5 tali da poter garantire al massimo prestiti per 25 miliardi. Parliamo quindi di crediti alle Pmi per 5 miliardi e complessivamente per circa 25, altro che 400».

Se a questo aggiungiamo che alla Camera in Commissione Bilancio il dl Rilancio, quello che al secolo sarebbe dovuto essere dl Aprile, è sotto lo schiaffo di 10mila emendamenti abbiamo il quadro di una maggioranza e un governo in forte sofferenza e alla disperata di una via d’uscita, di un colpo d’ala che inverta la situazione. Soltanto l’altro ieri l’istituto demoscopico Tecnè per l’agenzia Dire ha stimato la fiducia del governo al 28 per cento. Un dato preoccupante che segna un’inversione di tendenza in linea con le progressive difficoltà che il tessuto economico produttivo sta incontrando con la fine del lockdown.

Per il momento Conte va per la sua strada. Si sta preparando agli Stati Generali dell’Economia che dovrebbero tenersi a villa Pamphili già dalla prossima settimana. E già domani, al massimo sabato la task force guidata da Vittorio Colao dovrebbe presentare il rapporto con le proposte per la ripartenza. Altre carte e chiacchiere che rischiano di far perder ulteriore tempo prezioso. Quello che ormai Conte sembra avere sempre di meno.

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