Tirelli: «Servono aiuti, non una nuova polizia fiscale»
«Introdurre nella nuova manovra finanziaria l’obbligo per i professionisti che collaborano o prestano consulenza alla Pubblica Amministrazione di esibire il certificato di regolarità contributiva per poter essere pagati è una disposizione di legge assolutamente incomprensibile e dannosa».
A dichiararlo è Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere Penali del diritto Europeo e Internazionale, che boccia senza appello la norma contenuta nel testo della manovra economica.
Secondo Tirelli, la misura «non tiene conto della realtà sociale ed economica del Paese». «In una fase storica segnata da una crisi economica profonda, aggravata prima dalla pandemia, poi dalla guerra e dalle tensioni internazionali, imporre ulteriori vincoli burocratici ai professionisti significa colpire chi già si trova in difficoltà. Molti professionisti stanno ancora affrontando le criticità legate al post Covid, alle guerre e alle crisi internazionali e italiane, e non possono essere privati delle fonti (spesso uniche) di sostentamento per una pura operazione contabile», sottolinea.
Il Presidente delle Camere Internazionali ricorda come lo Stato abbia negli ultimi tempi varato numerosi provvedimenti di rottamazione proprio per alleggerire la pressione fiscale e contributiva su imprese e lavoratori autonomi. «Se si comprende la necessità di sanare le posizioni debitorie attraverso le rottamazioni – spiega Tirelli – non si può poi pretendere che chi opera per la Pubblica Amministrazione sia pagato solo se in possesso di un DURC perfettamente regolare. È una contraddizione evidente e un segnale di scarsa consapevolezza del tessuto produttivo italiano».
Il principio di libertà professionale
Tirelli richiama anche l’attenzione sul principio di libertà professionale che deve guidare l’azione dello Stato e della pubblica amministrazione. «La libertà dell’avvocatura non è un privilegio corporativo, ma una garanzia costituzionale posta a tutela dei cittadini e della giustizia stessa. Essere liberi, per un avvocato, significa non essere sottoposti ad alcuna forma di discrezionalità oppressiva, ancorché esercitata dal potere esecutivo. Significa poter difendere chiunque, senza condizionamenti, timori o discriminazioni».
«Allo stesso modo, anche la pubblica amministrazione deve poter scegliere liberamente i propri difensori, indipendentemente da valutazioni estranee al merito professionale o alla competenza tecnica – ivi comprese le situazioni fiscali o personali del legale. Quando il potere politico o amministrativo limita questa libertà, subordinando la difesa a criteri estranei al diritto, si spezza il principio stesso di libertà forense e si incrina l’equilibrio tra i poteri dello Stato», rileva Tirelli.
«Una simile impostazione non è una scelta amministrativa: è una deriva liberticida, perché colpisce il cuore della funzione difensiva e, con essa, la libertà di ogni cittadino di essere assistito da chi ritiene più capace e degno di fiducia. Serve una politica economica che accompagni i professionisti fuori dalle difficoltà, non che li punisca – conclude Tirelli –. Creare uno stato di polizia fiscale non aiuta la ripresa, la soffoca».



 
                                    
