La sinistra che non impara: perde, protesta e si aggrappa a vecchie ricette senza futuro

Cdx, Cirielli candidatura possibile se accetta di restare se sconfitto

La sconfitta della sinistra nelle urne marchigiane; il fermo imposto da Israele alla Flotilla nelle acque di Gaza e Hamas che dice «sì» al piano di pace preparato da Trump. Tre risultati che evidentemente non sono piaciuti alla sinistra e a Cgil, Usb, Cub e Cobas, che hanno risposto con una due giorni di rappresaglie «contro la pace» bloccando: città, porti, treni, atenei, scuole, sanità, strade e autostrade, fermando l’Italia e lasciando sul tappeto oltre 55 agenti feriti e bruciato l’8% del Pil prodotto in un giorno. Ed è il peggio che in alcuni cortei siano stati trascinati anche i bambini e cartelli come: «Meloni, Tajani, Salvini farete la fine di Mussolini». Che pacifisti!

Prematuro parlare di paura per le politiche

Per cui pensare – dopo la sconfitta dell’eurodeputato Pd, Ricci, battuto dal governatore uscente Acquaroli, FdI, per 52,6% a 44,3% nel confronto inaugurale delle regionali – che «ora la sinistra teme per le politiche» mi sembra un attimino prematuro. Non che non sia vero, ma per dirlo inviterei ad aspettare il 24 novembre, quando, con 7 regioni che si saranno espresse, le valutazioni potranno essere fatte su basi più concrete. Quantomeno, più significative.

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Tanto più che la prima controprova l’avremo già questa sera all’arrivo dei risultati della contesa per la poltrona di governatore della Calabria tra l’uscente Occhiuto di Fi; il 5Stelle, ex presidente dell’Inps e ideatore del fallimentare Rdc, Tridico. Che, tra l’altro, non può contare neanche sul proprio voto. Per quanto nato in regione, non vi risiede ormai da oltre 30 anni e, dalle gaffe che ha messo insieme parlandone durante la campagna elettorale, sembra nemmeno la conosca; e, infine, Toscano, di Democrazia sovrana e popolare.

Edmondo Cirielli
Edmondo Cirielli

La settimana successiva toccherà alla Toscana, dove saranno l’uscente Giani per il centrosinistra e Tomasi per il centrodestra a confrontarsi. Poi, se ne riparlerà il 23 e 24 novembre in Campania, dove il centrosinistra sarà rappresentato dal grillino Fico e il centrodestra probabilmente dal viceministro agli Affari Esteri Cirielli, ma solo a patto che, se sconfitto, rimanga in regione; Puglia e Veneto. A quel punto ne sapremo un po’ di più, ma non molto.

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La sinistra alla ricerca di una strategia

Soprattutto sapremo, però, se la sinistra ha capito la lezione e si è resa conto che gli italiani sono stanchi di guardare al passato e sentirle attribuire un valore politico «resistenziale» a qualsiasi elezione, anche «condominiale», senza avere alcuna idea programmatica da avanzare e accodandosi sempre a quelle degli altri; e che fare campagne elettorali in cui dice tutto e il contrario di tutto, diffondendo odio a piene mani, non paga, anzi toglie consensi e condanna alla sconfitta.

Tant’è che – se vero com’è vero – l’astensionismo nelle Marche è cresciuto di un altro 10% (e non si sa ancora cosa succederà nei prossimi appuntamenti), è altrettanto vero che i partiti del centrodestra hanno tutti guadagnato voti, mentre quelli del campo(santo) li hanno persi e il M5S (5,1%) si è ridotto al lumicino. Gli italiani, certo, sono preoccupati di quello che succede al di là dei nostri confini e temono per le tragedie in atto, ma vorrebbero che lorsignori non le utilizzassero soltanto per sparare a zero contro il governo Meloni e si preoccupassero di lavorare, oltre che per la difesa della pace, anche per ciò che succede in Italia.

E che Conte, Bonelli, Fratoianni, Landini e i loro accoliti, piuttosto che arroccarsi nella loro torre d’avorio nascondendosi dietro quella loro più asserita e pretesa che presunta superiorità, accettassero di discutere a viso aperto e senza pregiudiziali con chi non la pensa come loro, di quello che occorre fare per l’Italia. E soprattutto devono cambiare strada, smettendola di giustificarsi ogni volta che perdono con i «ci abbiamo provato ma era dura e non ce l’abbiamo fatta», perdendosi nei rituali ringraziamenti di rito per gli sconfitti che «per vincere hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo». Ma quando sono andati a riprenderlo non lo hanno più trovato.

Il nodo interno al PD e l’alleanza con il M5S

E scaricare sempre – a cominciare da Prodi (che pure l’ha inventata quando era soltanto una «sardina») – su Schlein ogni responsabilità per l’attuale momento di difficoltà della «sinistra che non esiste».

Come al solito dimostrano di non avere memoria. Immediatamente dopo la débâcle marchigiana, i cosiddetti riformisti del Pd, delusi dalla gestione del partito da parte della leader italo-yankee-svizzera, dimentichi che sono stati proprio loro a volerne l’elezione alla segreteria del partito alle ultime primarie del 26 febbraio 2003, quando Elly non era ancora iscritta al partito (iscrizione effettuata dopo essere stata eletta), allargando il voto agli esterni, ovvero i 5S. Tant’è che Bonaccini, che aveva vinto quando avevano votato solo gli iscritti, è stato stracciato quando ai voti dei Pd si sono aggiunti quelli dei 5Stelle.

E per ottenere il via libera degli iscritti a questa operazione si sono inventati l’ineluttabilità dell’alleanza Pd-M5S (senza programma e con un solo obiettivo: battere la destra). Perdendo, però, ben 10 volte sulle 13 in cui l’hanno sperimentata. E ancora non si rendono conto che la radicalizzazione dei 5S ha squilibrato il duo Pd-M5S, avvicinandolo a quell’estrema sinistra gruppettara e violenta che parla di pace ma ogni volta dà di piglio alla guerriglia. Gente, insomma, che gli italiani «normali», anziché avvicinarli, li fa scappare. Insieme, naturalmente, al proprio voto.

Setaro

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