E in Italia? La violenza della sinistra radicale è la stessa
Negli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato la designazione di «Antifa» come organizzazione terroristica, denunciandone il carattere violento, e invitando ad aprire indagini sui finanziamenti che alimentano il movimento. Una decisione che scuote l’opinione pubblica americana, ma che offre anche uno spunto di riflessione per l’Europa e, in particolare, per l’Italia.
Il fenomeno «Antifa» non è infatti un’esclusiva americana. Anche nel nostro Paese, dietro la sigla «antifascista», si nascondono gruppi organizzati che da anni alimentano tensioni sociali, violenze di piazza e aggressioni politiche. Si tratta di realtà che si muovono con modalità non dissimili da quelle oltreoceano: strutture fluide, prive di una gerarchia formale, ma con una rete militante che sa attivarsi rapidamente attraverso centri sociali, associazioni di facciata e soprattutto canali digitali.
Dal diritto di manifestare alla guerriglia urbana
Le cronache italiane abbondano di episodi in cui sigle Antifa hanno trasformato il diritto di manifestare in scene di guerriglia urbana: dalle contestazioni violente durante i G8 e i G20 alle aggressioni contro comizi e iniziative del centrodestra, fino agli scontri nelle università o contro le forze dell’ordine. Sempre con lo stesso denominatore comune: la convinzione di poter esercitare una «legittima violenza» contro chi non si allinea al pensiero unico progressista.
Trump parla di «malato disastro della sinistra radicale»: definizione che calza perfettamente anche all’Italia, dove l’etichetta di «antifascismo» viene spesso brandita come patente morale per giustificare l’intolleranza. Chi non si piega a quell’ideologia diventa automaticamente un nemico da colpire.
La domanda allora è inevitabile: se negli USA l’amministrazione ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco la natura terroristica del movimento, perché in Italia la politica e i media continuano a minimizzare? Perché si preferisce ignorare le violenze sistematiche degli «Antifa», mentre si montano campagne mediatiche contro presunti «rigurgiti fascisti» che spesso si riducono a folklore o provocazioni isolate?
In realtà, il parallelo con l’America è evidente: «Antifa» non difende la democrazia, ma la minaccia. È un movimento che semina paura, reprime la libertà di espressione e alimenta l’odio politico, spacciandosi per baluardo della tolleranza.
Forse è arrivato il momento che anche in Italia si guardi con lucidità a questa realtà, senza indulgere alla retorica. Perché un Paese che condanna l’estremismo a destra ma chiude gli occhi davanti a quello a sinistra è un Paese che pratica una giustizia a senso unico.