Sanzioni e fermi amministrativi previsti vanno eseguiti
Se – approfittando del «Massimario della Cassazione» relativo al decreto sicurezza e immigrazione e della pronuncia della Consulta del 2 luglio 2025 sul testo unico delle disposizioni sulla disciplina dell’immigrazione – i giudici continuano, come stanno facendo da un po’, a smontare, interpretandole motu proprio, le leggi per far dispetto al Governo che non gli piace, l’Italia rischia di diventare un Paese senza certezza della pena, ma anche senza certezza del diritto. Dal momento che queste potrebbero cambiare strada facendo.
Un Paese, insomma, alla mercé dei giudici. Che – vedi sentenza del 6 luglio della Corte d’Appello di Cagliari, favorevole a un clandestino espulso e in attesa del rimpatrio ma liberato, nonostante le norme dettassero tutt’altro, per il richiamo della Consulta di quattro giorni prima – non decidono più sulla base delle leggi, ma solo per provare a ritardare il trattenimento per l’espulsione e, magari, per fare la «linguaccia» a un governo tanto «cattivo» da voler fare la riforma della giustizia e separare le carriere.
Nordio nel mirino e il caso Almasri
Di conseguenza, il primo da colpire è diventato immediatamente Nordio, anima della riforma. Per cui l’opposizione ne chiede le dimissioni, aggiungendo – a quelle sulla qualità della riforma in itinere – menzogne sul caso Almasri. Ma lui, mail informative alla mano, ha provveduto a smontarle: «Le provano tutte per rallentarci e intimidirci per la riforma», e Minniti, ex ministro dem, ne avvalora la tesi: «Avrei fatto la stessa cosa» e «parlato subito di sicurezza nazionale».
Fratture tra magistrati: Md accusa la Consulta
A rischio, di conseguenza, finirebbero non solo i già non troppo solidi rapporti fra toghe e politica, ma anche quelli fra gli stessi magistrati. Tant’è che Md ha accusato la Corte Costituzionale di essere stata troppo «molle» nei riguardi del governo. Con la sentenza n. 96 del 2025, a loro dire, pur contestando i metodi di trattenimento degli immigrati nei Cpr, anziché in un albergo a 5 stelle con vitto e alloggio a spese dello Stato, si è guardata bene dal definirne illegittime, infrequentabili e incostituzionali le strutture.
Avrebbe preferito, secondo Md, la difesa degli «equilibri istituzionali» invece che quelli di «parte». Dimenticando di essere una componente del sindacato dell’ANM, mentre la Consulta è un’istituzione dello Stato che decide tenendo conto della legge e senza suggestioni ideologiche.
La manovra collettiva per bloccare i trattenimenti
Scoprendo, così, le proprie carte e chiarendo – come peraltro già noto – di essere disposta a tutto pur di portare fino in fondo la propria battaglia antiriforma e antigoverno. Tant’è che – con una nota di un giudice del tribunale di Torino, Natale, sul giornale di Md «Questione di Giustizia» – nella quale sottolinea che non basta, come ha fatto la Consulta, aver individuato il problema: l’inaccettabilità dei sistemi di trattenimento nei Cpr, ma anche risolverlo.
Come? Provando a intasare i tribunali con una manovra collettiva dei giudici ordinari che – quando chiamati a convalidarli – potrebbero rallentare le decisioni, ponendo ogni volta la questione di legittimità costituzionale, bloccando le convalide e usando poi l’attesa per mettere in difficoltà le istituzioni e costringere la Consulta «a riaffermare la legalità costituzionale, prendendo atto della rinuncia del legislatore a esercitare le proprie responsabilità».
Consulta e ONG: arriva lo stop al caos
Siamo, insomma, all’ennesima dimostrazione che, quando si tratta di migranti, pur di colpire il governo, le toghe rosse non guardano in faccia nessuno. A questo punto, però, finalmente un po’ di luce in fondo al tunnel comincia a vedersi.
Proprio la Corte Costituzionale, infatti, tirata per la cappa d’ermellino, ha inferto un durissimo colpo all’ONG Mediterranée (e per conseguenza a tutte le altre ONG), responsabile della Ocean Viking, che, fermata dalla Guardia Costiera per violazione del decreto Piantedosi del 2 gennaio 2023, si era rivolta alla giudice brindisina Marra che, a sua volta – dopo aver sospeso il fermo – aveva espresso perplessità sulla legittimità costituzionale del decreto, chiedendo alla Consulta di decretarne l’incostituzionalità.
Ma il giudice Pitruzzella, nominato nel 2023 da Mattarella, ha – dopo aver dichiarato una dietro l’altra l’infondatezza di tutte le questioni di legittimità costituzionale poste e smantellato, caso per caso, tutte le richieste avanzate – risposto «niet». E ha sentenziato l’assoluta costituzionalità del decreto.
Per cui, da oggi in avanti, non sarà più così semplice sospendere sanzioni e fermi amministrativi. Non sono le ONG, per i propri interessi e quelli dei trafficanti di esseri umani, a decretare la costituzionalità delle norme, ma i governi nazionali.
Infine, saranno tre donne – Cialoni, Casari e la napoletana Cerulli – i giudici sorteggiati, come prevede la legge costituzionale del 1989, a decidere sul caso Almasri e sui vertici del governo. Giuro, non vorrei essere nei loro panni. E non solo per ragioni d’incompetenza in materia, ma per il clima d’odio che si respira in giro. Vedi, tanto per fare l’esempio più recente: le manifestazioni pro-Pal contro le sedi de «Il Giornale» e «Libero» e il rituale silenzio ipocrita della sinistra.