La Consulta doveva fare chiarezza ma il Pd ha scelto il caos

I Dem sono più spaccati di prima, tra diktat da Roma e listarelle campane

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge della Regione Campania che avrebbe consentito al presidente uscente, Vincenzo De Luca, di candidarsi per un terzo mandato consecutivo. La Consulta ha stabilito che la norma regionale violava l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, il quale impone alle Regioni di rispettare i principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, tra cui il divieto del terzo mandato consecutivo per i presidenti delle giunte regionali.

La decisione della Corte ha però avuto un impatto significativo anche sul Partito Democratico (PD), evidenziando ancor più le tensioni tra la segreteria nazionale e la dirigenza locale campana. La segretaria del PD, Elly Schlein, ha ribadito la contrarietà del partito al terzo mandato, sottolineando l’importanza del rispetto delle regole e del rinnovamento della classe dirigente. Tuttavia, la legge regionale era stata approvata con il voto favorevole della maggioranza, inclusi i consiglieri regionali del PD, evidenziando una spaccatura interna al partito.

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La pronuncia della Consulta chiude definitivamente la possibilità per De Luca di ricandidarsi, costringendo il Pd a individuare un nuovo candidato per le prossime elezioni regionali in Campania. De Luca, comunque, non ci sta ed i suoi fedelissimi continuano ad organizzare liste civiche. L’idea del quasi ex governatore è quella di mettere paura al suo partito e costringere la Schlein a concordare con lui il nome del prossimo presidente.

Questa situazione potrebbe avere ripercussioni sul quadro politico regionale, con il rischio di una frammentazione dell’elettorato di centrosinistra e di un rafforzamento delle chances per un candidato del centrodestra che, al momento, non è stato individuato.

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In sintesi, la decisione della Corte Costituzionale non solo ha sancito l’incostituzionalità della legge campana sul terzo mandato, ma ha anche messo in luce le difficoltà del PD nel gestire le dinamiche interne e nel conciliare le esigenze di rinnovamento con la valorizzazione delle esperienze politiche consolidate.

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