Campi Flegrei: passare dalla retorica dell’emergenza a una cultura della prevenzione

Campi Flegrei: il rischio sismico-vulcanico e la vulnerabilità sociale

I Campi Flegrei, terra di straordinaria bellezza geologica e storia millenaria, sono anche un’area ad altissimo rischio vulcanico e sismico. Il fenomeno del bradisismo, con il suo lento ma inesorabile respiro tellurico, fatto di sollevamenti e abbassamenti del suolo accompagnati da frequenti scosse sismiche, non è una novità per chi vive in quest’area.

Ciò che preoccupa oggi, oltre all’accelerazione del fenomeno, è l’analisi disincantata di quanto il territorio e la sua popolazione siano stati, socialmente e istituzionalmente, preparati ad affrontare un rischio noto, persistente e potenzialmente catastrofico.

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La sociologia dei disastri offre una chiave di lettura fondamentale. Un disastro, infatti, non è mai solo un evento naturale estremo, ma l’intersezione complessa tra un fenomeno pericoloso e la vulnerabilità di un sistema sociale. Ed è proprio sulla vulnerabilità sociale dei Campi Flegrei che emergono le criticità più evidenti e, per certi versi, colpevoli.

Decenni di inerzia strutturale e speculazione mal contrastata

Il primo, macroscopico punto dolente è l’inerzia istituzionale sul piano strutturale. Pur conoscendo la natura sismica e vulcanica dell’area, per decenni non solo non si è provveduto a una significativa riduzione della densità abitativa, ma si è assistito a una crescita demografica ed edilizia, spesso frutto di speculazione selvaggia.

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Costruzioni realizzate in aree a rischio elevatissimo hanno proliferato, incastrandosi in un tessuto urbano già fragile. La repressione dell’abusivismo e la pianificazione urbanistica orientata alla riduzione del rischio sono state, nella migliore delle ipotesi, blande e inefficaci. Il risultato è un’area ad altissima densità di popolazione residente, con edifici spesso vulnerabili, che si trova a dover affrontare le conseguenze di un fenomeno geologico sempre più attivo.

Informazione e formazione: la quantità non fa l’efficacia

Parallelamente al pessimo risultato strutturale, si registra una grave carenza nella gestione dell’informazione e della formazione continua della popolazione. La comunicazione istituzionale sul rischio bradisismo e vulcanico appare spesso confusa e altalenante. Da un lato, si cerca di veicolare messaggi rassicuranti che, di fronte alla concretezza delle scosse avvertite quotidianamente e al peggioramento percepito del fenomeno, suonano generici e poco credibili. Dall’altro, si presenta un piano di evacuazione che, pur necessario, si concentra quasi esclusivamente sulla logistica del trasferimento della popolazione in altre regioni italiane, senza un’adeguata preparazione psicologica e pratica all’evento stesso.

Questa dicotomia comunicativa può generare smarrimento e minare la fiducia nelle istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza. In tale contesto emerge un paradosso: una parte significativa degli sforzi sembra essere indirizzata più alla promozione dell’immagine della Protezione Civile – enfatizzando la quantità di materiali prodotti, i piani esistenti, la prontezza dichiarata – piuttosto che alla verifica della reale efficacia di queste azioni sul campo e della loro capacità di raggiungere e coinvolgere la popolazione.

Emblematico, a riguardo, è il caso della conferenza sul rischio sismico-vulcanico e le persone con disabilità, svoltasi lo scorso 14 aprile a Bagnoli. Alla puntuale elencazione, da parte dell’addetta stampa della Protezione Civile regionale, della mole di materiali informativi prodotti – effettivamente ragguardevole – la domanda del prof. Alessandro Pepino, dell’Università di Napoli, se si fosse proceduto però anche alla verifica della loro efficacia, colpisce nel segno. E la testimonianza, nella stessa sala, di un’ex preside di istituto superiore, persona colta e residente nell’area flegrea, che ammetteva di non essere stata raggiunta da tali informazioni, chiarisce che non basta produrre informazione: bisogna che questa arrivi, sia compresa e generi consapevolezza attiva nella popolazione.

Paura e abbassamento del senso critico

Le scosse continue e di magnitudo crescente hanno un impatto psicologico devastante sulla popolazione residente. La paura è un sentimento legittimo di fronte a un rischio reale e percepito in modo così tangibile. Tuttavia, se questa paura non viene gestita attraverso un’informazione chiara, coerente, accessibile e una preparazione partecipata, rischia di trasformarsi in panico incontrollato o, al contrario, in una sorta di torpore rassegnato.

La confusione informativa, l’assenza percepita di interventi strutturali risolutivi e la sensazione che l’apparato istituzionale sia talvolta più impegnato nell’autocelebrazione che nella sostanza, contribuiscono ad abbassare il senso critico dei cittadini. Di fronte all’incertezza e alla paura, diventa difficile distinguere tra allarmismo e informazione corretta, tra azioni preventive e promesse vuote. La popolazione, già provata dal disagio quotidiano delle scosse, diventa più vulnerabile alla disinformazione e meno capace di agire proattivamente per la propria sicurezza.

Conclusioni: un rischio da affrontare socialmente

I Campi Flegrei rappresentano un caso di studio paradigmatico per la sociologia dei disastri. Il rischio geologico è una costante, ma la vulnerabilità della comunità residente è stata aggravata – e non ridotta – da decenni di inerzia strutturale e da una gestione della comunicazione e della formazione scarsamente efficace.

Affrontare seriamente il rischio bradisismo e vulcanico non significa solo monitorare il suolo e prevedere scenari eruttivi. Significa agire radicalmente sulla vulnerabilità sociale: limitare drasticamente e con azioni concrete la densità abitativa nelle aree a maggior rischio, investire nella messa in sicurezza degli edifici esistenti, e soprattutto costruire un rapporto di fiducia con la popolazione attraverso un’informazione trasparente, continua, bidirezionale e verificabile nella sua efficacia.

La promozione della Protezione Civile è importante, ma deve essere la conseguenza naturale di azioni concrete e percepibili dalla popolazione, non un fine a sé stante. Solo passando dalla retorica dell’emergenza a una solida e partecipata cultura della prevenzione e della preparazione, si potrà sperare di trasformare la paura paralizzante in consapevolezza attiva e ridurre il potenziale impatto umano di un evento, purtroppo, sempre possibile. La sfida dei Campi Flegrei è geologica, sì, ma è soprattutto – e drammaticamente – sociale.

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