Il governatore vuole un candidato fedele e il caos lo favorisce
«I ciucci non possono dirigere una regione come la Campania. Non siamo tutti uguali». Firmato: Vincenzo De Luca. Ancora una volta, il governatore della Campania dà spettacolo, con una stilettata delle sue rivolta, manco a dirlo, contro i suoi stessi alleati.
Archiviato il sogno (costituzionalmente infranto) del terzo mandato, De Luca non accetta l’idea che qualcuno nel centrosinistra – per esempio Giuseppe Conte o Elly Schlein – possa decidere il nome del candidato senza il suo benestare. A infastidirlo non è solo l’idea di dover passare la mano, ma soprattutto quella che il suo successore possa essere scelto da altri. Magari uno come Roberto Fico, che nel borsino dei nomi progressisti resta ben quotato.
Non a caso, da Roma arriva la risposta stizzita del leader del Movimento 5 Stelle: «Noi del Movimento stiamo dando una grossa mano per un programma che sia assolutamente in linea con i bisogni dei cittadini campani. Dopo si sceglierà l’interprete e saranno i territori a farlo. Ma intendo dire tutti i territori, non sarà una singola persona a scegliere».
Tradotto: nessun accordo con De Luca, il candidato sarà deciso con il Pd e in Campania ci andrà un esponente pentastellato. Fine del dialogo. O forse no, visto che a complicare ulteriormente la situazione ci pensa l’eurodeputato Sandro Ruotolo, direttamente dalla segreteria dem: «Io ciucci non ne vedo. Noi siamo pronti a costruire il futuro. Il partito è pronto, lavoriamo per confermare il centrosinistra, stavolta allargato. E ricordo a De Luca che il nostro avversario si chiama Meloni». Come dire: il governatore si dia una calmata e pensi all’unità del campo progressista. Facile a dirsi, meno a farsi.
Questa casa non è un albergo
A oltre un mese dalla sentenza della Consulta che ha spento le ambizioni di un De Luca-ter, il quadro resta ingarbugliato. L’ex sindaco di Salerno non perde occasione per alzare i toni e ribadire che Palazzo Santa Lucia non è un albergo per politicanti di passaggio. Non gradisce affatto il pressing di Fico, che gira in lungo e in largo per la regione accompagnato da esponenti dem e, soprattutto, dal sindaco Gaetano Manfredi, uno dei pochi sopravvissuti del campo largo napoletano.
Prima della stoccata sui «ciucci», il presidente aveva già mandato segnali inequivocabili, definendo i suoi potenziali sostituti come «politici politicanti», «molluschi», «analfabeti» e altre amenità da stand-up comedy istituzionale. Poi ha rincarato la dose: «Napoli e la Campania non sono in vendita, a nessuna forza politica. C’è gente che pensa a dividersi i candidati. A volte autentici analfabeti. Probabilmente – ha scandito – nelle prossime settimane vedrete un po’ di parapiglia. Abbiamo sputato l’anima per ritrovare dignità, mi devono uccidere se vogliono far precipitare nuovamente la Campania nella palude in cui era quando abbiamo iniziato il nostro lavoro».
Traduzione non autorizzata: se non scelgono uno dei miei, sarà guerra. I nomi graditi al governatore? L’attuale vice Fulvio Bonavitacola e l’assessora Lucia Fortini, profili fidati e forse, ben controllabili. Opzioni che però Pd e Cinquestelle sembrano intenzionati a respingere con forza.
A questo punto, De Luca potrebbe accontentarsi di guidare la lista, raccogliere voti e poi pesare come un macigno nella formazione della futura Giunta. Oppure, scenario da colpo di teatro, rompere del tutto con i suoi e sostenere un candidato esterno, solo suo. Che sia Bonavitacola, Fortini o qualcun altro poco importa: l’importante, per lui, è che non sia uno che risponde a Roma. Perché in Campania, evidentemente, i «ciucci» non sono ammessi. Ma i burattini, forse sì.