Centrodestra, Meloni serra le fila e si prepara le europee

Fratelli d’Italia primo partito, Forza Italia esulta per il voto in Abruzzo

Invita tutti a pranzo, ma, a differenza del summit posto voto sardo, stavolta è il risultato del voto in Abruzzo a mostrare quella «coesione» della coalizione che conta di più di quanto sia «largo il campo».

Giorgia Meloni tira un deciso sospiro di sollievo con la vittoria di Marco Marsilio e approfitta di nuovo dell’esito elettorale per fare il punto con gli altri leader dei partiti di centrodestra a Palazzo Chigi, all’inizio di una settimana che potrebbe essere segnata da nuove fibrillazioni interne, con la Lega che ancora sta valutando se ripresentare, in Aula al Senato, l’emendamento sul terzo mandato dei governatori. La partita vera, sono tutti consapevoli nella maggioranza, resta quella delle europee, dove si certificherà se sono cambiati i rapporti di forza nella coalizione.

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Forza Italia, Tajani ci crede

Antonio Tajani ci crede, nel voto abruzzese Forza Italia ha quasi doppiato la Lega e ora fa sembrare più a portata di mano quel risultato «sopra il 10%» anche a giugno, su cui a inizio anno in pochi, riservatamente, erano davvero disposti a scommettere. E sarebbe sempre più propenso a candidarsi: «se utile lo farò», si limita a ribadire, spiegando che si tratta di una scelta che andrà condivisa con gli altri leader e che deve «rafforzare la coalizione». Certo, molto dipenderà anche dalla premier, che, dicono i meloniani, ancora non ha deciso e scioglierà la riserva all’ultimo.

Anche se tutti hanno interpretato quel «ho già messo l’elmetto» che ha ripetuto più volte nell’ultima settimana come un segnale chiaro della sua intenzione di scendere in campo direttamente. Tutti lo sperano, in Fdi, perché «Meloni» scritto in cima alle liste in tutte le circoscrizioni porterebbe punti in più al partito e consacrerebbe un primato nel centrodestra che i numeri continuano a confermare. «Certo che siamo coesi, ci siamo solo noi» nella coalizione, scherza un dirigente del partito. Ma neanche troppo.

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Il risultato leghista

Anche guardando al risultato leghista che in Abruzzo non ha brillato nella performance elettorale. Certo, si ragiona tra gli alleati, bisogna fare attenzione a non abbattere troppo la Lega, «altrimenti Salvini…». Tanto che nessuno della coalizione affonda il dito nella piaga del 7,56%, comunque sotto l’8,3% delle ultime politiche (senza considerare il 27,5% delle regionali 2019).

«Lavoriamo per allargare i confini del centrodestra», in quello spazio che c’è «tra Meloni e Schlein», non cercando «i voti degli alleati», rassicura Tajani. Restano i timori, all’interno della maggioranza, per l’imprevedibilità (già dimostrata in passato) di Salvini, che per l’Abruzzo parla di «buon risultato della Lega che supera i 5 Stelle», mentre fa i complimenti al portoghese Andre Ventura «per lo straordinario successo di Chega», parte della famiglia di Id a Bruxelles. In terra marsicana gli azzurri già alle europee erano sopra la Lega, è il ragionamento che si fa nel partito di via Bellerio, minimizzando la riduzione del consenso.

I leghisti restano fiduciosi di agganciare la doppia cifra tra i risultati del Nord (dove pesa però il malumore della base, soprattutto in Veneto) e la tenuta al Sud, dove gli sherpa sono al lavoro per reclutare portatori di voti come l’europarlamentare molisano Aldo Patriciello, reclutato dal partito di Matteo Salvini a fine gennaio. Sarà il risultato delle europee, insomma, il vero spartiacque. Certo se il sorpasso di Fi – sempre più in asse con Fdi – si consolidasse, e se una casella si liberasse per andare a ricoprire il ruolo di commissario europeo, potrebbe presentarsi la necessità di un riequilibrio all’interno del governo, con un rimpasto di cui tutti parlano solamente a taccuini chiusi.

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