Questione meridionale, manca visione a lunga scadenza: necessari banca del Sud e investimenti

Da anni il Nord non cresce e, invece di esaminare il perché di questo stallo, preferisce continuare a incolpare il Sud dei problemi d’Italia. Un Sud che per rilanciarsi e imboccare, finalmente, la strada della ripresa avrebbe bisogno di una visione politica complessiva e non a ‘mozzichi e bocconi’ e della tanto agognata Banca del Sud. Questo è quanto è emerso, tra le altre cose, dal dibattito che si è sviluppato sabato mattina all’Università Pegaso di Napoli nella tavola rotonda “La questione meridionale nella visione del riassetto del territorio” voluto da Federproprietà, la Federazione Nazionale Proprietà Edilizia, con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti, e dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli.

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Luciano Schifone: «Il Meridione motore della crescita dell’Italia»

Ad aprire il dibattito Luciano Schifone, presidente di Federproprietà Napoli, che ha spiegato come «il Nord dovrebbe avere tutto l’interesse a un rilancio del Meridione che ha tutte le potenzialità per fare da motore a una crescita generale. Quindi c’è bisogno di una riorganizzazione del territorio e di una visione che veda l’interesse italiano proiettato nel Mediterraneo. Per raggiungere questo, rispetto a tutte le anomalie che oggi esistono al Sud, una presa di coscienza di carattere generale evidenzierebbe la necessità di una connessione di rete tra i vari corpi intermedi che oggi vengono bistrattati, messi in condizione di non operare. I corpi intermedi come gli ordini professionali, le associazioni, le categoria produttive devono poter collaborare con il sistema politico per lo sviluppo e la risoluzione della questione meridionale».

Massimo Anderson: «Servono investimenti e banca del Sud»

«Non ci sono stanziamenti adeguati, per i necessari investimenti» sottolinea Massimo Anderson, presidente nazionale di Federproprietà. «Il sistema del credito arranca dopo le vicende della Banca popolare di Bari che difficilmente potrà diventare la banca d’investimenti del Mezzogiorno. Il Meridione è l’unica macroarea in Europa, di oltre 20 milioni di abitanti, che non ha un istituto che possa ricevere sul territorio il frutto della raccolta locale».

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«Il divario tra Nord e Sud purtroppo continua ad aumentare e l’unico elemento unificante, secondo la Banca d’Italia, è l’interesse per il mattone. Preoccupa il gran numero di opere incompiute a causa delle amministrazioni che le avevano programmate e iniziate ma che non hanno saputo condurle in porto. Spesso, inoltre, non vengono utilizzati i fondi europei per mancanza di progetti e quindi di programmazione. Da parte di molti esperti è stata avanzata l’ipotesi delle macroregioni che porterebbe alla razionalizzazione della spesa pubblica. Per evitare gli errori del passato con interventi a pioggia, c’è bisogno di una cabina di regia per individuare le priorità».

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Per Edoardo Cosenza occorre una visione di insieme a lungo raggio

«Esiste ancora una visione politica di questo paese?» si è chiesto Edoardo Cosenza, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli. «C’è bisogno di una costanza di visione e di attività a 10, 20 e 30 anni mentre oggi c’è una tendenza a risolvere i problemi di domani e dopodomani e questo è un problema molto grave». «Fare la città metropolitana – sottolinea ancora – e poi non pensare a come collegarla con il resto del Mezzogiorno non consente di creare sviluppo. Come collegare il porto di Napoli a Bari, come migliorare la viabilità su ferro. Sono temi che richiedono una visione, bisogna guardare lontano. Sostanzialmente il Sud deve lavorare attraverso i fondi europei che lavorano su programmazioni settennali mentre in Italia per realizzare un’opera da 50 milioni di euro ci vogliono in media 14,7 anni». «Senza una vera visione e una centralità dei tecnici in strutture adeguate, non ci può essere sviluppo» conclude Cosenza.

Adriano Giannola: «Attenzione all’autonomia rafforzata»

Secondo il professor Adriano Giannola, presidente dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, «sono anni che si sta mettendo in discussione l’esistenza del Paese in quanto tale ma la questione della cosiddetta autonomia rafforzata è un tema molto più denso di significato, rispetto ad aspetti di responsabilità burocratiche e amministrative. E’ un fatto di trasformazione del Paese da un’ipotesi di federalismo a una riforma nel senso confederale». «Nel sistema confederale sono tanti Stati che si collegano tra loro dove ognuno dovrebbe garantire i diritti ai suoi cittadini».

«Noi nel rapporto Svimez 2019 abbiamo fatto un richiamo al Nord molto semplice. Abbiamo detto: ‘L’Italia sta uscendo dall’Europa’. Il divario a cui bisogna guardare è doppio, Nord e Sud, ma soprattutto Nord contro Europa che è in rapida crescita e quindi le intenzioni che animano l’idea autonomistica sono una miope interpretazione delle dinamiche in atto» spiega Giannola. «Milano non guarda al divario che aumenta con gli altri paesi d’Europa, guarda al Sud, si sente forte, chiede l’autonomia anzi pretende di avere quelle risorse, che secondo il Veneto, sta regalando al Meridione, quelle risorse che la mettono in crisi. Occorre guardarsi negli occhi e chiarirsi se no le regioni italiane diventano periferia dell’Europa delle regioni». «Le statistiche ci dicono che mediamente in Lombardia e in Veneto ci sono 15mila euro pro-capite di spesa pubblica e investimenti mentre nel Mezzogiorno ce ne sono 11/12 mila».

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