Un artista capace di abitare contemporaneamente due mondi
Totò Savio, all’anagrafe Gaetano Savio, è una delle figure più singolari e sfaccettate della musica italiana: un autore capace di abitare contemporaneamente due mondi che, in teoria, non potrebbero essere più lontani fra loro. Da una parte il compositore raffinato della grande canzone pop nazionale, l’artigiano invisibile dietro melodie che hanno segnato generazioni. Dall’altra il motore creativo di una delle esperienze più scorrette, dissacranti e irriverenti mai comparse nella nostra discografia: gli Squallor. Savio è stato entrambi, senza mai rinunciare a nessuno dei due volti.
La sua storia inizia a Napoli, città che già da sola spiega l’equilibrio tra rigore musicale e spirito ironico che caratterizzerà tutta la sua opera. Bambino prodigio della chitarra, musicista di formazione solida e precoce, Savio entra nel mondo professionale giovanissimo e si afferma come autore e arrangiatore negli anni in cui la canzone italiana sta cambiando pelle. È lui a firmare melodie che diventano subito patrimonio collettivo, brani che uniscono immediatezza popolare ed eleganza melodica: canzoni pensate per la voce degli interpreti più amati, costruite con una sapienza armonica e produttiva che pochi possedevano con la stessa naturalezza. Il suo nome compare dietro hit che ancora oggi definiscono l’identità della musica leggera italiana. Savio era l’autore che sapeva parlare al grande pubblico senza mai sacrificare la qualità.
Il laboratorio di satira sonora
Eppure, dentro questo autore affermato, rispettato, quasi istituzionale, conviveva un’altra anima. Una più scura, più libera, più anarchica. Una che non voleva compiacere nessuno. È l’anima che dà vita, nel 1971, agli Squallor: il collettivo di musicisti, autori e produttori che rivoluziona il concetto stesso di «gruppo musicale», creando un laboratorio di satira sonora, comicità demenziale, linguaggio sporco, nonsense programmatico e critica sociale travestita da volgarità.
Gli Squallor non erano un progetto «laterale»: erano un mondo parallelo in cui Savio entrava con la stessa intensità con cui componeva per la televisione e per gli interpreti di punta. Scriveva, arrangiava, cantava in napoletano, inventava personaggi, costruiva atmosfere grottesche e irresistibili. Le sue competenze sofisticate da musicista serio venivano messe al servizio dell’assurdo, creando un paradosso che nessuno avrebbe mai potuto imitare: canzoni volutamente sporche, ma musicalmente perfette.
Questa doppia identità non era un compromesso: era una forma di libertà. Nel grande pop Savio trovava la sua missione professionale, il mestiere impeccabile; negli Squallor trovava lo spazio per distruggere ironicamente le stesse regole che dominavano il suo lavoro quotidiano. Era capace di costruire la hit e, nello stesso tempo, smontarla per ridicolizzarne i meccanismi. Le sue melodie più delicate convivevano con testi grotteschi, personaggi surreali, volgarità volutamente eccessive. Due mondi apparentemente opposti, ma che in lui si rafforzavano a vicenda: la disciplina del compositore nutriva la follia dell’ironista, e la libertà dell’ironia rendeva più intensa la sua scrittura «seria».
Totò Savio, l’«autore dei due mondi»
Totò Savio è «autore dei due mondi» proprio per questo: perché è riuscito a essere popolare e clandestino, melodico e sfrontato, perfetto professionista e sabotatore delle convenzioni. È stato uno di quei pochi artisti capaci di raccontare l’Italia sia attraverso ciò che voleva sentirsi raccontare, sia attraverso ciò che avrebbe preferito ignorare. Un autore capace di suonare la melodia che commuove la massa e, subito dopo, la risata che la stessa massa non ammetterebbe mai di amare.
Il risultato è una figura irripetibile: un gigante della canzone italiana e, allo stesso tempo, uno dei suoi più feroci parodisti. Un uomo che ha vissuto la musica in tutte le sue forme, senza gerarchie, senza paura, senza autocensura. Un autore che ha saputo essere due autori insieme, trovando nell’eccesso, nella satira e nella melodia le tre facce della stessa libertà creativa. Savio è questo: il ponte tra due mondi che nessuno, prima di lui, aveva mai provato a tenere insieme. E che, probabilmente, nessuno dopo di lui ha saputo abitare con la stessa naturalezza.




