Una delle tradizioni più radicate e suggestive
Il presepe napoletano è una delle tradizioni più radicate e suggestive di Napoli, capace di intrecciare arte, devozione, quotidianità e memoria storica. Con origini che affondano nel medioevo, ha attraversato secoli di trasformazioni, fino a diventare, nel Settecento, un vero fenomeno culturale e sociale, valorizzato anche dalla corte reale. In questo articolo esploriamo la storia del presepe a Napoli, dalle sue origini religiose alla sontuosità borbonica, fino alle botteghe artigiane di oggi.
Dalle origini medievali alla nascita dell’identità napoletana
Le prime tracce di presepi nella città risalgono al medioevo. Già nei secoli successivi al primo presepe realizzato da San Francesco d’Assisi nel 1223, furono documentate rappresentazioni nella regione, e anche a Napoli, secondo alcune fonti, nel 1340 la Regina Sancia d’Aragona donò alle monache Clarisse un presepe per la loro chiesa.
Tuttavia, la versione che oggi riconosciamo come presepe napoletano iniziò a delinearsi tra Cinquecento e Seicento, quando alcuni artigiani e scultori locali cominciarono a produrre figure in terracotta o legno, con l’obiettivo di rappresentare non solo la Natività, ma un’intera ambientazione, inglobando elementi di vita quotidiana.
È in questo contesto che la tradizione presepe inizia a distaccarsi dalla pura rappresentazione sacra per assumere un carattere più narrativo e sociale, gettando le basi per la futura “rivoluzione” del presepe napoletano.
L’età d’oro: corte borbonica e trionfo del presepe napoletano
Il vero momento di gloria per il presepe napoletano arrivò con l’avvento della casata dei Borbone a Napoli. In particolare sotto il regno di Carlo III di Borbone, a partire dal 1734/35, la scena della Natività divenne una moda di corte: il sovrano e la sua famiglia promossero con entusiasmo la realizzazione di presepi elaborati, raffinati, veri e propri piccoli teatri in miniatura.
Queste installazioni aristocratiche non rappresentavano solo la sacra famiglia, ma un vero e proprio spaccato di vita contemporanea: botteghe, taverne, mercati, artigiani, popolani, pastori, nobili, un intreccio di sacro e profano. I soggetti vivevano in scenari ricchi di architetture classiche (rovine greco-romane), archi barocchi, mercati cittadini, per rendere la Natività non come un evento lontano, ma come parte di un mondo reale e riconoscibile.
Le statuine, i cosiddetti “pastori”, venivano realizzate con materiali pregiati: testa, mani e piedi in terracotta policroma con occhi di vetro; corpi costruiti con fili di ferro e stoppa per permettere posa e movimento; i costumi confezionati in seta e velluto, spesso con stoffe prodotte nelle manifatture reali come quella di San Leucio. Il presepe diventò parte integrante del Natale aristocratico: nei palazzi reali, come la Reggia di Caserta, ogni anno venivano allestiti grandi diorami natalizi che restavano esposti per diversi mesi.
Dalle botteghe artigiane alle strade di oggi: la tradizione continua
Con il tempo, la tradizione presepiale uscì dalle corti e dalle chiese per diventare patrimonio popolare e familiare. Le botteghe di artigiani napoletani divennero il cuore pulsante di questa cultura, in particolare la storica Via San Gregorio Armeno, che oggi è universalmente nota come la “Via dei Presepi”.
Qui, maestri d’arte tramandano da generazioni la tecnica della creazione dei pastori: modellati in terracotta, vestiti a mano con stoffe pregiate, dotati di accurate pose e dettagli a seconda del personaggio, che può essere il pescivendolo, la lavandaia, il fabbro, il pastore dormiente (spesso chiamato “Benino”), oppure figure ispirate alla fantasia napoletana e, nei tempi più recenti, a personaggi contemporanei.
Così il presepe napoletano resta vivo, ogni anno, nelle case, nei negozi, nei laboratori artistici. Alcuni esemplari storici sono conservati in musei come il Museo di San Martino o in collezioni pubbliche, a testimonianza di una tradizione che è arte, storia, identità.




