Qatargate, polemiche sull’aggressività della giustizia belga
Il filo conduttore è uno soltanto: la giustizia del Belgio, crocevia di inchieste che negli ultimi tre anni hanno attraversato Europarlamento, diplomazia comunitaria e ora anche la Nato. L’indagine su Federica Mogherini, affidata alla Procura europea (Eppo), procede seguendo quelle stesse procedure belghe più volte finite al centro del dibattito pubblico. A una settimana dal fermo dell’ex Alta rappresentante Ue, dagli investigatori non emergono scossoni: si continua a esaminare verbali, chat, messaggi e documenti sequestrati per ricostruire la catena decisionale che portò il Collegio di Bruges – guidato dall’ex lady Pesc – ad aggiudicarsi l’appalto per l’Accademia dei giovani diplomatici europei.
Un caso che ha travolto anche la Commissione europea, senza tuttavia portarla a desistere dal pieno sostegno all’Eppo e all’Olaf, i suoi organi anticorruzione. Istituzioni che, nella sottolineatura del commissario Ue al Bilancio Piotr Serafin, «vanno rafforzate» anche quando indagano su possibili frodi interne. Le parole del polacco riecheggiano a Bruxelles a tre anni dallo scoppio del Qatargate, il presunto scandalo di corruzione esploso all’alba del 9 dicembre 2022 tra valigie di contanti e arresti eccellenti: l’ex eurodeputato poi pentito Pier Antonio Panzeri, l’allora vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili, il compagno Francesco Giorgi e gli europarlamentari Andrea Cozzolino e Marc Tarabella.
La giustizia belga
Il blitz che ha portato al fermo di Mogherini – poi rilasciata dopo un interrogatorio fiume – davanti a una delle figlie ha rievocato gli arresti in sequenza di quei giorni e riacceso le polemiche sull’impronta aggressiva della giustizia belga, che allora portò gli indagati a trascorrere mesi tra carcere e domiciliari con accuse di corruzione, riciclaggio e associazione criminale.
L’inchiesta è rimasta tuttavia bloccata alle sue fasi preliminari: due giudici istruttori e un procuratore si sono ritirati. Tra gli strascichi figurano anche le recenti richieste di revoca dell’immunità per le eurodeputate Pd Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini: la commissione giuridica dell’Europarlamento ha dato il via libera soltanto per la prima, in attesa del voto dell’Aula.
La procura, trincerata nel silenzio, si limita a indicare che «c’è ancora molto lavoro da fare». Mentre il solo a procedere è il riesame voluto dagli indagati: fino al 12 dicembre un nuovo ciclo di udienze tornerà a passare al setaccio i metodi degli inquirenti.
La stessa giustizia belga – insieme a investigatori di Olanda, Stati Uniti, Svizzera, Lussemburgo e Romania – negli ultimi mesi ha acceso i riflettori anche sulla Nato, portando a spiccare un mandato di arresto internazionale per l’italiano Eliau Eluasvili, sospettato di aver agevolato contratti per conto di Elbit Systems, il colosso israeliano della tecnologia militare. L’inchiesta tratteggia una rete societaria ramificata dalla Lituania agli Stati Uniti, passando per Regno Unito e Grecia. Già in estate l’Alleanza aveva sospeso 15 contratti, 13 dei quali riconducibili a Elbit e alla controllata Orion.




