Omicidio Maimone, lettera dal carcere di Valda: «Tragedia mi consuma»

Il padre della vittima: «Scuse e pentimento? Prevedibili»

«C’è sempre stata da parte mia la volontà di voler chiedere scusa alla famiglia di Francesco Pio Maimone, questa tragedia mi consuma giorno dopo giorno e confesso: inizialmente nemmeno potevo credere che per causa mia un giovane ragazzo della mia stessa età avrebbe visto distruggersi la vita». Ha scritto di suo pugno una lettera dal carcere dove è detenuto esprimendo il pentimento per la morte di un ragazzo e per il dolore che ha causato, Francesco Pio Valda, il 21enne condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio del giovane pizzaiolo Francesco Pio Maimone il 20 marzo 2023.

Una lettera accorata nella quale non nasconde le sue fragilità e le sue debolezze, tipiche di un ragazzo che ha perso il padre (ucciso a colpi di pistola in un agguato di camorra) e che ha sofferto la mancanza della figura della madre. In quelle quattro pagine Valda ripercorre anche gli aventi di quella tragica notte sul lungomare di Napoli. Durante l’udienza del processo di secondo grado che si sta celebrando davanti alla Corte di Assise d’Appello di Napoli, il presidente ha letto la missiva di Valda, entrato in carcere a soli 19 anni, uno in più del giovane che ha ucciso.

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La lettera è stata resa nota dopo la discussione degli avvocati di tre imputati che con lui sono coinvolti in questo processo. Nella lettera Valda ha sottolineato, dopo avere chiesto scusa per il dolore che ha provocato alla famiglia Maimone, la sofferenza per non avere avuto intorno a sè una famiglia come quella di Francesco Pio.

«Riconosco di esser oggi una persona cambiata»

In carcere ha intrapreso gli studi e anche questo aspetto, insieme con il rammarico di non averlo potuto fare prima, quando era un ragazzo libero, l’ha voluto ricordare nella sua lettera: «Non ho frequentato scuole, anzi confesso che nel carcere ho scoperto lo studio infatti frequento la scuola superiore Ipsia nell’istituto che mi ospita. Riconosco di esser oggi una persona cambiata e che ha tanta voglia di dare un senso alla sua misera vita». Il suo legale, l’avvocato Antonio Iavarone, che finora si è sempre tenuto lontano dai riflettori dei media, farà la sua arringa difensiva il prossimo 20 novembre. Lo stesso giorno Valda, collegato in video conferenza, rilascerà dichiarazioni spontanee. Poi la parola passerà ai giudici che dovranno pronunciare la sentenza.

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«Ho ascoltato con attenzione e con dolore la lettera di Francesco Pio Valda… le parole che via via scorrevano, scuse, pentimento, presa di coscienza della gravità di quanto accaduto, erano prevedibili: condannato ad una sentenza all’ergastolo, era un passo necessario». A parlare è Antonio Maimone, padre di Francesco Pio Maimone.

Il padre della vittima: «Francesco Pio Valda non è un giovane qualsiasi»

«Non mi sento di giudicare l’animo umano, a maggior ragione con Valda, non me la sento proprio», prosegue Maimone, «mi limito a fare delle semplici riflessioni sulla base di fatti oggettivi». «La notte del 20 marzo 2023, – scrive in una nota Antonio Maimone – Francesco Pio Valda si recava a Mergellina per trascorrere la serata, tra i tanti ragazzi che ogni fine settimana si riuniscono sul lungomare per stare insieme. Ma Francesco Pio Valda non è un giovane qualsiasi, è il rampollo di una famiglia criminale: il padre, boss di camorra, è stato ammazzato quando lui aveva dieci anni; il fratello Luigi è in carcere; la nonna era stata condannata per traffico di droga; la sorella è stata accusata e condannata per truffa».

«Ma soprattutto Francesco Pio Valda è colui che è riuscito ad organizzare un clan di camorra tutto suo, quello degli Aprea-Valda di Barra, alla guida di un gruppo di giovani spavaldi e spregiudicati che comprano il rispetto con un’arma, che usano le minacce per ottenere favori e compensi, che alimentano la manovalanza criminale trascinando tanti ragazzi in gironi infernali , che usano il terrore per mettere in ginocchio la città, deliberando una serie di azioni di fuoco per imporre il controllo sul territorio della periferia orientale di Napoli».

«Perché Valda portava con sé la pistola?»

«Francesco Pio Valda – evidenzia Antonio Maimone – non è un giovane qualsiasi: dopo un periodo trascorso in una comunità di recupero, dove ha sicuramente fatto un percorso rieducativo, va a Mergellina con una pistola. Perché? Perché Valda, il quale ha affermato di essere a Mergellina per una passeggiata, portava con sé la pistola? Perché andava in giro armato? Perché subito dopo aver sparato è scappato via? Perché la sua famiglia ha attivato una rete di protezione nei suoi confronti? Perché il fratello Luigi dal carcere, durante un’intercettazione telefonica, minimizza la morte di mio Figlio affermando che la famiglia Maimone sta sollevando un polverone? ‘Che sarà mai’. Queste le parole terribili pronunciate da Luigi Valda che rivelano l’anima e il pensiero di un contesto marcio e crudele».

Maimone si chiede anche perché durante il processo di primo grado alcuni testimoni hanno avuto un atteggiamento omissivo, mentre altri non si sono presentati intimoriti da minacce e pressioni. «L’omicidio di Francesco Pio Maimone si consuma all’interno di un’atmosfera e di una cultura che è quella della camorra», dice ancora il padre del pizzaiolo, «Mergellina non è un vicolo buio, non è una stradina di periferia: mio figlio muore nel luogo più bello di Napoli, nel modo più tragico, Vittima Innocente della Criminalità. È stata ferita la città: nel nostro lungomare ci poteva stare il figlio di chiunque. Il sacrificio di Francesco Pio Maimone non può essere vano».

«Il suo sangue innocente deve essere motivo di riflessione»

«Il Suo Sangue Innocente deve essere motivo di riflessione, di attenzione, di serietà, di impegno per la Legalità e per la Vita. Francesco Pio Valda racconta che la notte non dorme ripensando al suo insano gesto: doveva essere più scaltro a non fare girare quei video provocatori dove compare mentre mangia la pizza, a sberleffo del nostro dolore. Non si cambia dall’oggi al domani. Un percorso rieducativo richiede capacità di riflessione, sacrificio, silenzio e tempo. C’è un altro aspetto importante che in questo momento storico emerge nella nostra società e nel nostro stato: dinanzi al dilagarsi di fenomeni di violenza tra i giovani, bisogna dare risposte serie, concrete, certe. I cittadini e le istituzioni sono chiamati ad affermare il Valore della Vita e il Diritto alla Vita».

«La certezza della pena è una garanzia per ogni cittadino, per la comunità, pure per coloro che rei di colpe gravissime possono avere la possibilità di una rinascita», conclude Maimone che ripone «fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia che ci è stata vicina e verso cui portiamo rispetto e gratitudine»

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