Le attività interessate pronte a chiudere in segno di dissenso
Chiusura anticipata alle 22. È questa la forma di protesta scelta dai gestori dei locali di vico Quercia, via Cisterna dell’Olio e delle aree limitrofe, che questa sera abbasseranno le saracinesche in segno di dissenso contro la nuova ordinanza comunale emessa due giorni fa.
Il provvedimento, firmato dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, sarà in vigore per due mesi e punta a regolamentare le aree della movida cittadina. L’ordinanza nasce per adempiere alla sentenza del Tar, che aveva imposto al Comune di adottare misure concrete per contenere il rumore antropico e l’inquinamento acustico. I residenti, tra cui quelli del Comitato Vivibilità Cittadina, rappresentati dall’avvocato e consigliere comunale di maggioranza Gennaro Esposito, avevano infatti vinto un ricorso, ottenendo il diritto a essere risarciti e tutelati.
«La ratio dell’ordinanza – avevano dichiarato da Palazzo San Giacomo – è garantire un equilibrio tra le esigenze di socialità e il diritto al riposo dei residenti nelle aree dove si sviluppa maggiormente la movida notturna. Napoli è una città viva e accogliente, e tale deve rimanere; allo stesso tempo è dovere dell’Amministrazione tutelare la qualità della vita di chi abita nelle zone interessate».
La controproposta
Il confronto tra residenti, Consiglio comunale, assessori e gestori dei locali è andato avanti per mesi, ma la decisione non poteva più essere rinviata. Dopo una prima bozza redatta dal Comune, gli esercenti avevano presentato una controproposta, a firma dell’avvocato Roberta Valmassoni, chiedendo come compromesso una chiusura all’una durante la settimana e alle due nel weekend, quindi un’ora prima rispetto alla consuetudine.
I gestori chiedevano, inoltre, di poter mantenere i tavolini esterni fino all’orario di chiusura e di seguire, per l’asporto, la normativa nazionale: divieto dopo mezzanotte, ma solo per l’asporto, non per la somministrazione. In questo modo, sarebbe rimasto consentito il consumo in piedi nei pressi dei locali. La prima bozza del Comune, invece, prevedeva il divieto di asporto dalle 22 e la rimozione dei tavolini da mezzanotte in poi.
L’ordinanza definitiva
L’ordinanza definitiva, tuttavia, non recepisce né la proposta dei gestori né la prima versione dell’amministrazione. Il provvedimento, che non riguarda più piazza Bellini, ma soltanto vico Quercia e le aree limitrofe, stabilisce il divieto di vendita e somministrazione per asporto di bevande alcoliche e analcoliche dalle 22 alle 6; la chiusura anticipata degli esercizi commerciali alle 00:30 dalla domenica al giovedì e alle 01:30 il venerdì e il sabato, con 30 minuti di tolleranza per la sistemazione degli spazi; la riapertura consentita dalle 6 del mattino; l’intensificazione dei controlli e nuovo monitoraggio acustico.
I gestori contestano in particolare il divieto di somministrazione per asporto dalle 22, che impedirebbe ai clienti di consumare bevande, anche analcoliche, in piedi all’esterno dei locali. In pratica, a partire da quell’orario, sarebbe possibile restare solo seduti ai tavolini, anche nelle serate del weekend.
Confesercenti al fianco dei locali
Sulla vicenda è intervenuta anche Confesercenti, che ha espresso forte contrarietà. «Riteniamo che questo provvedimento sia assolutamente sbagliato perché in questo modo si contrae l’economia delle attività commerciali – ha dichiarato Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Napoli e Campania e vicepresidente nazionale con delega al Mezzogiorno – e solo a causa di alcuni limiti o incapacità».
«La verità è che non si riesce a controllare la città tutelando le persone perbene, non si educano i giovani a vivere in modo civile rispettando la propria città e non vengono garantite aree urbane, esistenti in ogni parte del mondo, in cui i giovani possono incontrarsi per bere qualcosa dopo dure giornate di lavoro o di studio. Alla fine chi ne paga dazio? Le attività commerciali, i nostri bar e i nostri esercizi, che dalle 22 non potranno più offrire asporto e che all’1.30 dovranno obbligatoriamente chiudere, con evidenti ripercussioni e danni importanti per le loro casse» sottolinea.
Rileva anche come l’ordinanza finisca per penalizzare un settore già in difficoltà: «Con questo provvedimento si accontenta solo una parte di residenti che in passato si lamentavano della desolazione delle stesse aree, spesso preda di prostituzione e delinquenza e ora rinate anche grazie all’insediamento delle attività di ristoro. Le nostre attività andrebbero invece tutelate: ogni anno centinaia di piccole imprese chiudono nonostante i sacrifici degli esercenti, che rischiano beni familiari, si espongono con finanziamenti bancari o, nei casi peggiori, finiscono ostaggio della malavita. Il fallimento, per molti di loro, è dietro l’angolo e per questo andrebbero sostenuti e non scoraggiati.»
Il presidente auspica infine un confronto costruttivo: «Abbiamo rispetto delle ragioni dei residenti, ma ci sono anche quelle degli esercenti. Serve un dialogo più democratico per contemperare gli opposti interessi e, magari, ampliare le aree della movida in altre zone della città, come il Porto o il Centro Direzionale» e alleggerire la pressione sul centro storico.




