Le difese respingono le accuse: «Nessun favoritismo, solo attività politica»
«C’è chi ha profittato di questo abuso per esigenze prettamente elettorali». Il vice procuratore della Corte dei conti, Davide Vitale, durante il procedimento sui portaborse del Consiglio regionale, accusando politici e dirigenti di aver trasformato incarichi amministrativi in strumenti di consenso. Come ricostruisce Alessio Gemma su «Repubblica Napoli», l’inchiesta riguarda stipendi extra da 4 mila euro lordi al mese concessi a coordinatori di gruppi e segretari di commissione, in alcuni casi anche privi di laurea.
Secondo la Procura contabile, tra il 2019 e il 2022 si sarebbe causato un danno erariale da 3,6 milioni di euro. Sotto accusa 17 persone tra consiglieri e dirigenti, alcuni dei quali pronti a ricandidarsi alle Regionali del prossimo 23 novembre. Per il centrosinistra sono coinvolti Gennaro Oliviero, Loredana Raia, Valeria Ciarambino, Andrea Volpe e Fulvio Frezza; per il centrodestra Alfonso Piscitelli e Massimo Grimaldi. Tra gli ex consiglieri figurano Tommaso Casillo – che oggi sostiene la candidatura della figlia – Vincenzo Maraio, Antonio Marciano e Rosetta D’Amelio.
«Stipendi per garantire le segreterie dei consiglieri»
«Sappiamo – ha spiegato Vitale – che c’era la necessità di andare a garantire con queste posizioni altamente remunerate quelle che erano le segreterie politiche dei singoli consiglieri regionali». La Procura sostiene che le indennità aggiuntive fossero usate per rafforzare gli staff personali dei politici, e non per funzioni effettivamente necessarie all’attività del Consiglio.
Il pm Senatore: «Marescialli di campo da 4 mila euro»
In aula è intervenuto anche il pm contabile Mauro Senatore: «Abbiamo ascoltato dirigenti e dipendenti durante le indagini. Ci hanno spiegato che chi percepiva 4 mila euro mensili era una sorta di maresciallo di campo. Per fare cosa? Ci hanno detto che si occupavano di approvvigionamento della cancelleria. Quattro mila euro mensili giustificati per collazionare risme di carta e penne?».
In giudizio si è presentata anche una funzionaria dell’ente, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Di Gennaro, per tutelare gli interessi dell’amministrazione danneggiata: «Sono qui per rappresentarla – ha dichiarato –. Sono stati elargiti negli anni 50 milioni a questi portaborse. La mia assistita non ha voluto firmare quegli atti».
Il nodo della legge del 2025
Durante le due ore d’udienza, il confronto più acceso si è concentrato sulla norma approvata dal Parlamento nel 2025, che potrebbe sanare retroattivamente la posizione di politici e dirigenti. Una norma che la Procura definisce «uno scudo per stoppare la nostra iniziativa», chiedendo ai giudici di non applicarla o, in alternativa, di sollevare la questione davanti alla Consulta.
Il tema dei compensi eccessivi al Centro direzionale non è nuovo. Già nel 2019 la Corte costituzionale aveva bocciato indennità simili, obbligando alcuni dipendenti a restituire le somme. Secondo la Procura, il Consiglio regionale avrebbe stabilito quelle retribuzioni invadendo le competenze statali in materia di pubblico impiego.
Le difese: «Non scambio elettorale, ma attività politica»
In aula, l’avvocato Gennaro Terracciano ha sostenuto che «c’è stata incertezza per anni sulla remunerazione degli uffici di diretta collaborazione della politica. Ora è come se il Parlamento avesse detto: tutto ciò che è stato fatto è salvo». Per l’avvocato Felice Laudadio, insieme al collega Roberto De Masi, «quei portaborse non erano marescialli di campo né beneficiari di scambio elettorale, ma svolgevano funzioni poliedriche connesse all’attività politica, come rapporti con enti istituzionali, sindacati, imprese».
La difesa richiama il principio di autonomia e auto-organizzazione del Consiglio regionale, previsto dalla Costituzione. Una tesi che la Procura aveva bollato, nell’atto di citazione, come «dogmatica espressione della sindrome del marchese del Grillo». Terracciano ha replicato con ironia: «Li chiamate marescialli di campo? Ricordo alla Procura che nell’ordinamento militare sono superiori ai generali».




