Una luce artificiale efficiente, capace di trasformare la città
Napoli, durante il regno dei Borbone di Napoli, fu protagonista non solo di fasti artistici e culturali ma anche di innovazioni tecnologiche che la posero sullo stesso piano di grandi capitali europee. Una di queste innovazioni fu l’illuminazione a gas Napoli, ossia la realizzazione del primo impianto pubblico a gas sul territorio italiano.
Sebbene nei grandi racconti nazionali questo primato sia meno conosciuto rispetto ad altri, la documentazione d’epoca conferma che Napoli anticipò molte città d’Italia nel dotarsi di una luce artificiale efficiente per le strade, capace di trasformare la città dopo il tramonto e migliorare sicurezza, vivibilità e prestigio urbano.
L’interesse verso il gas non fu improvviso: esso rifletteva un clima europeo di sperimentazione tecnologica che i Borbone seguirono da vicino, soprattutto Ferdinando II. Il re, durante i suoi viaggi e contatti con la Francia, osservò la diffusione dell’illuminazione a gas come elemento di modernità urbana, cosa che spinse a promuovere analoghe iniziative anche nel Regno delle Due Sicilie. Napoli non solo accettò la sfida, ma mise in campo risorse imprenditoriali, capitali, infrastrutture e legislazione per fare dell’illuminazione a gas un servizio pubblico di rilievo.
Fonti locali indicano che già nel 1837 si assegnarono a De Frigiere le concessioni necessarie per installare impianti che avrebbero generato gas da olio d’oliva, una materia prima largamente disponibile nel Regno, scelta che lega tecnologia e risorse locali. Il testo del contratto del 13 dicembre 1838 segna il momento formale di quel salto verso la modernità: tramite quell’accordo, l’amministrazione comunale (il sindaco Don Giuseppe Caracciolo) e l’imprenditore (Don Giovanni De Frigière) stabilirono i termini per illuminare le principali vie cittadine attraverso lampade a gas, aprendo la strada a un cambiamento permanente nella gestione dello spazio urbano.
Come nacque il progetto: contratti, capannoni e i protagonisti
La svolta normativa avvenne con la privativa del decreto reale n. 611, concessa il 1° gennaio 1817 da Ferdinando I ai francesi Pietro Andriel di Montpellier, allo scopo di ottenere il monopolio per l’illuminazione a gas idrogeno a Napoli. Tuttavia, quella concessione rimase sulla carta ed è citata come prima mossa ufficiale nei documenti ma senza esiti concreti.
Fu solo con l’avvento di Ferdinando II, intorno al 1837, che il progetto prese corpo: il cavaliere Giovanni De Frigiere propose l’illuminazione a gas prodotto dall’olio d’oliva, fornendo un modello che combinava innovazione e uso delle materie prime locali. Questa proposta fu accettata, in parte grazie all’esperienza che Ferdinando II aveva avuto all’estero, e per la volontà di modernizzare Napoli.
Il contratto decisivo del 13 dicembre 1838
Il documento più importante è il contratto del 13 dicembre 1838, noto come “Contratto di Illuminazione generale de’ fanali … porzione a gas e porzione ad olio”, firmato tra il sindaco Don Giuseppe Caracciolo e Don Giovanni De Frigière.
L’accordo prevedeva l’installazione di fanali a gas (oltre a quelli ancora alimentati a olio) in diverse vie principali: Via Toledo, Via Chiaia, la Riviera, via Foria, via Tribunali, Porta Nolana ecc., per un primo anno di servizio con oltre 400 fanali e una rete di canalizzazioni per il gas lunghe migliaia di metri.
Opifici, infrastrutture e organizzazione operativa
Per produrre il gas si costruì un opificio a Chiaia (al Vico Cupa) che serviva da stabilimento per la distillazione e produzione del gas destinato all’illuminazione urbana.
Il contratto includeva anche clausole precise, non solo sul numero di fanali ma su orari (che variavano secondo stagione e festività), penali per inadempienze, obblighi per la manutenzione, e definizione di chi doveva accendere e spegnere le lanterne, ovvero la figura del lampionaio o “accenditore” diventava così ufficiale.
Sperimentazioni e prime accensioni
Una delle prime esposizioni pubbliche fu al porticato di San Francesco di Paola, dove furono installate le prime lanterne a gas (29 fanali secondo alcune fonti) come esperimento visibile anche alle autorità e al pubblico. Questa dimostrazione ebbe successo e convinse il re Ferdinando II dell’efficacia dell’illuminazione a gas. Contestualmente, il Palazzo Reale fu uno degli edifici iniziali illuminati, scenograficamente rilevante per simboleggiare il progresso borbonico.