Tra fiabe e note partenopee: dentro l’universo creativo di Dadà

La cantautrice: Non riesco a immaginare una canzone senza il contorno

Il nome Dadà si riferisce a Gaia Eleonora Cipollaro, cantautrice napoletana che con la sua musica fonde cantautorato partenopeo, world music, elettronica e sonorità club. E proprio raccontandosi a ilSud24 ci porta a far parte del suo percorso artistico e del suo universo musicale fatto di fiabe, simbolismi e immagini potenti.

Alla domanda quando ha capito che la musica sarebbe stata il suo futuro. Lei racconta che, in realtà, l’ha sempre saputo: da piccolina non aveva un piano B, lo ha immaginato e desiderato così tanto da renderlo reale. «Prima di dormire – dice – immaginavo di cantare, di fare musica mia, e credo che si sia materializzato con la forza del pensiero. Dopo X Factor, con una vetrina così grande e una risposta immediata anche al di fuori del programma, ho capito che quello che avevo sempre sognato non era un gioco da bambina, ma la mia strada».

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Fiabe, simbolismi e radici popolari nei suoi testi

Parlando dei suoi brani, non si può non notare la forte radice popolare che intreccia fiabe, figure mitologiche e tradizione napoletana. E quando le viene chiesto da dove nasce questa scelta risponde: «È sempre stata una mia indole avere una penna che prende altre strade, teatrali, a volte cartoon, sempre legate al simbolismo. Mi piace raccontare cose universali, come l’amore o il dolore, ma arricchendole di immagini poetiche. Non riesco a dire semplicemente ‘ti voglio bene’ bensì ‘per me sei come’».

Alla domanda quale fiaba in musica senta più vicina alla sua vita personale. Non ha dubbi: Serpa. «Dentro c’è molto di autobiografico – confida – perché racconta quel victim blaming, quel dubbio se la colpa sia mia o dell’altro, che purtroppo molte donne hanno vissuto. È un brano che ho sentito molto vicino».

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“Igor” e la libertà di essere sé stessi

Con «Igor», invece, affronta un tema delicato come la libertà identitaria. «L’ho scritta a 16-17 anni, ricordo ancora il giorno esatto. Nacque spontanea da un arpeggio di chitarra, senza pensarci troppo. Forse averla composta da adolescente, senza sovrastrutture e regole, mi ha permesso di mantenerne la purezza e la poesia diretta».

La parte visiva nei suoi progetti è sempre molto curata. «Non mi piace definirmi solo cantante o musicista – racconta – in realtà mi sento anche direttrice creativa. Non riesco a immaginare una canzone senza tutto il contorno: abiti, maschere, colori, immagini. Quando penso a una canzone, mi arrivano subito colori e atmosfere, è qualcosa di molto cartoon. Le fiabe poi si prestano bene, perché da bambina me ne inventavo da sola, ed è stato naturale trasformarle in scenari visivi».

Se dovesse descrivere il suo album «Core in fabula» con una sola immagine: «Sceglierei la copertina: quella regina biancastra che è una maschera del mio volto, dietro cui si nasconde la regina scomposta, spettinata, che sputa vino» spiega. «Le fiabe sono così: hanno una forma elegante, ma dentro custodiscono un mondo popolare e colorato che appartiene a tutti».

Le Pornoprecarie

Inoltre le è stato chiesto di prestare la sua musica allo spettacolo «Le Pornoprecarie». «Ho stimato subito il lavoro di Maria Bolignano, che già conoscevo da fan. Ci siamo ritrovate sulla stessa lunghezza d’onda: crediamo entrambe che per fare le cose bene ci voglia serietà, ma non bisogna essere seriosi. L’arte non deve per forza essere pesante, può avere leggerezza senza perdere profondità, come pensava Carosone».

X Factor quasi per caso

L’esperienza di X Factor, invece, è arrivata quasi per caso. «Non ero convinta di partecipare – ammette – ma con l’aiuto delle persone vicine mi sono buttata ed è stata una vetrina importante. Non amo molto la competizione, non vedo l’arte come sfida, ma il dopo è stato ancora più bello perché le persone hanno continuato a seguirmi con affetto, e così il mio mondo ha iniziato a crescere».

Settembre al borgo

Guardando al presente: la sua partecipazione a Settembre al borgo a Caserta Vecchia. «Sarà un’emozione grande – dice – un luogo carico di storia e spiritualità. Ho ripensato la scaletta e l’immaginario proprio per questo evento. La parola borgo evoca il focolare contemporaneo, e credo che raccontare lì le mie fiabe sarà come riaccendere un fuoco che appartiene a tutti».

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