La Global Sumud Flotilla rifiuta ogni mediazione e cerca lo scontro: «Diretti a Gaza»

Crosetto: Pericoloso uscire dalle acque internazionali

La Global Sumud Flotilla rifiuta la mediazione italiana. «Non lasceremo gli aiuti a Cipro: non rispetterebbe l’obiettivo della nostra missione che è rompere l’assedio della Striscia. Le nostre 50 barche proseguiranno dirette fino a Gaza». Difficilmente ci arriveranno.

«Israele non consentirà alle navi di entrare in una zona di combattimento attiva e non permetterà la violazione di un legittimo blocco navale», avvisa infatti il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gideon Sa’ar. Ed il ministro della Difesa, Guido Crosetto, esprime in Aula alla Camera e poi al Senato tutta la sua preoccupazione: «la Flotilla si trova a 450 miglia dal punto pericoloso, che è l’uscita dalle acque internazionali. A quel punto nessuno sarà più in grado di garantire sicurezza e aiuto nel caso accadesse qualcosa». Neanche la fregata della Marina Militare inviata sul posto.

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La Farnesina in un messaggio inviato ai partecipanti italiani della Flotilla ha ‘sconsigliato di proseguire’ l’iniziativa. «Ma chi la intraprende si assume in proprio tutti i rischi e sotto la sua personale responsabilità». Nel messaggio viene anche spiegato: «Ai partecipanti italiani che volessero fermarsi in Grecia e proseguire in modo sicuro per l’Italia o altra destinazione, l’Italia offrirà assistenza ove richiesto».

Il rifiuto delle proposte alternative di Israele e Italia

La rotta di collisione sembra dunque inevitabile, anche se Sa’ar offre una chance agli attivisti, tra i quali ci sono anche 4 parlamentari italiani: «Israele è ancora pronto a impegnarsi in qualsiasi accordo costruttivo per trasferire gli aiuti in modo legale e pacifico». In precedenza, informa il ministero, «avevamo proposto di scaricare i loro presunti aiuti nel porto turistico di Ashkelon, a pochi minuti da Gaza e di trasferirli immediatamente nella Striscia. Purtroppo, la proposta è stata respinta due volte».

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C’è stato poi il tentativo di mediazione italiano che prevedeva di portare il materiale umanitario a Cipro, dove il Patriarcato latino di Gerusalemme avrebbe dovuto trasferirlo al porto di Ashdod in Israele e poi, attraverso un corridoio aperto dalle Misericordie, a Gaza. Anche questo rigettato. Ciò, osservano da Tel Aviv, «dimostra il vero scopo di questa flottiglia: la provocazione e il servizio ad Hamas, certamente non uno sforzo umanitario». La Flotilla non cambia rotta: «Israele non ci intimidisce. Ci hanno detto di tornare indietro. Non lo faremo. Mentre i governi restano in silenzio, noi agiamo. Questa non è solo una missione, è una presa di posizione contro il genocidio e per la giustizia». Senza contare, aggiungono, che «Israele non ha alcuna autorità legale sulle acque di Gaza: appartengono alla Palestina».

L’avvicinamento alla zona critica e la vigilanza militare

La Flotilla si sta spostando da Creta verso Est; si stima che potrebbero volerci circa 4 giorni di navigazione per arrivare alla zona critica, le 12 miglia dalla costa di Gaza che Israele ritiene acque sue. Se non interverrà nuovamente Israele dopo i ‘flashbang’ di avvertimento lanciati dai droni nella notte tra martedì e mercoledì. La Fasan ed un’altra fregata militare inviata dalla Spagna vigilano. Entro oggi l’Alpino darà il cambio alla Fasan.

Le limitazioni del supporto militare italiano

Ma che faranno le unità militari italiane in caso di un’azione ostile israeliana verso la Flotilla? «Non è nostra intenzione – ha precisato Crosetto – muovere le navi militari per porre guerra a un Paese amico. Non svolgono funzioni di scorta, né usciranno dalle acque internazionali, qualora la flottiglia dovesse decidere di forzare il blocco israeliano. Noi siamo lì a tutelare i cittadini italiani». L’Alpino potrebbe utilizzare strumentazione antidrone (jammer) per contrastare eventuali nuove azioni dall’alto. Quello che è certo è che man mano che si avvicinano alla meta, i rischi per gli attivisti salgono.

Il precedente del 2010 e i nuovi tentativi di mediazione

C’è un precedente tragico che non lascia tranquilli: il 31 maggio del 2010 un’altra flottiglia umanitaria (la Freedom flotilla) tentò di forzare il blocco scatenando l’intervento dell’Idf: dieci civili morti il bilancio. I tentativi di mediazione continueranno nelle prossime ore, con l’Italia in prima linea.

Crosetto ha sollecitato le forze politiche: «era proprio necessario mettere a repentaglio l’incolumità di cittadini italiani per portare aiuti a Gaza? Mi sono sentito con nostri parlamentari. Noi continueremo a lavorare perché non accada nessun incidente e chiedo su questo il vostro aiuto». Il Pd si muove: «auspichiamo che il canale di mediazione rimanga aperto e prosegua con la discrezione doverosa di fronte a una situazione che di ora in ora diventa sempre più preoccupante».

Setaro

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