Cronaca di un Movimento sorpreso con le dita nel barattolo
C’erano una volta dei cittadini qualunque, onesti e puri, che marciavano su Roma armati di selfie stick e buone intenzioni, promettendo di restituire tutto: soldi, privilegi, auto blu e perfino le caramelle dei distributori automatici di Montecitorio. Gridavano «onestà!» con la stessa veemenza con cui oggi, a quanto pare, gridano «rateizzo!».
Eh sì, perché i grillini – quelli che dovevano smascherare la casta – oggi si trovano nella scomoda posizione di dover spiegare perché, tra rimborsi non versati, indennità trattenute e quote associative dimenticate, abbiano accumulato ben 2,8 milioni di euro di morosità nei confronti del loro stesso partito. Un record che neanche i peggiori pagatori di bollette riuscirebbero a raggiungere.
Il più colpito è proprio lui, l’Avvocato del Popolo, Giuseppe Conte, oggi costretto a inseguire i suoi «onorevoli» con il blocchetto in mano come un portiere d’albergo in attesa della mancia che non arriva. Pare che il tesoriere Cominardi, ex sottosegretario al Lavoro ed evidentemente oggi anche all’Ingiunzione, sia arrivato a minacciare l’espulsione dai ruoli di partito per chi non salda. Ma con molta sobrietà, eh: «la regolarità contributiva è un requisito fondamentale», dice. Tradotto: o paghi, o fuori dal club.
Dalla moralità ai bonifici mancati
La scena è quasi surreale. Gli stessi che volevano dimezzare gli stipendi parlamentari, che si facevano vanto di vivere con 3.000 euro al mese e mangiare pizza e fichi, oggi si attaccano alla poltrona e al bonifico mancato con l’ostinazione di un gatto davanti al termosifone acceso. Altro che «uno vale uno»: alcuni valgono tre mensilità arretrate e una diffida in arrivo.
Va detto, non sono soli. Anche il Pd ha i suoi morosetti, con 441 mila euro da recuperare (ma in discesa rispetto all’anno scorso: almeno loro ci provano). Forza Italia? 90 milioni di passivo complessivo: roba da far impallidire un’intera generazione di ragionieri. Però almeno lì le garanzie ce le mettono gli eredi Berlusconi, e i morosi rischiano la decadenza. E la Lega? Raccoglie meno dalle donazioni, ma almeno non fa la morale a nessuno. E Fratelli d’Italia? I contributi lì sono liberi, non imposti. Ma la trasparenza resta, i bilanci si fanno, e nessuno si spertica a far la lezione etica agli altri.
Il caso M5s, invece, ha qualcosa di tragicomico. Perché viene da un partito che ha costruito il proprio mito sulla superiorità morale. Che faceva le dirette Facebook sui bonifici. Che considerava il passaggio da un movimento all’altro un tradimento da pubblica gogna. E ora si scopre che a tradire sono stati in tanti, ma il conto lo paga sempre e solo Conte.
E dire che avevano cominciato con l’idea di cambiare tutto. In effetti qualcosa l’hanno cambiata: hanno dimostrato che anche gli onesti, una volta toccata la marmellata, sanno leccarsi le dita come tutti gli altri. Forse con più enfasi. E magari pure chiedendo il rimborso delle salviette.
Morale della favola? Se «uno vale uno», allora anche «un debito vale un’altra giustificazione». Ma a furia di giustificarsi, di mandati ne rimarranno ben pochi. E il rischio è che l’ultimo grillino spenga la luce, non prima però di essersi dimenticato di pagare la bolletta.