La culla della tradizione teatrale partenopea
Il Teatro San Ferdinando è un luogo emblematico, culla della tradizione teatrale partenopea e simbolo indelebile dell’eredità di Eduardo De Filippo; ancora oggi tempio della cultura viva, capace di coniugare memoria e innovazione e, dopo anni di restauri, rinascite e sfide, il sipario non è mai calato. Si trova nei pressi del Rione Sanità, non a caso, nella piazza Eduardo De Filippo. Fu costruito nel 1790 grazie all’architetto Camillo Lionti e fu abbellito dalle meravigliose decorazioni di Domenico Chelli.
Una facciata sobria che nasconde tesori
Oggi, quasi nascosto agli occhi più distratti, il teatro è inglobato in una palazzina a uso privato. La facciata, sobria e lineare, è il frutto di numerosi interventi architettonici avvenuti nel corso del tempo. Presenta tre ingressi centrali ad arco, affiancati da due aperture laterali più piccole utilizzate per l’accesso delle scenografie. Sopra ciascun portale principale spicca una formella in bronzo con allegorie teatrali, mentre due lapidi laterali ricordano le principali fasi costruttive e di restauro.
L’ingresso alla sala avviene attraverso una porta tripartita in legno, decorata con pitture che evocano la cultura napoletana e l’opera di Eduardo. Da lì si accede al foyer, distribuito su tre livelli collegati da una scala a tenaglia, dove l’atmosfera cambia: negli spazi un tempo dedicati alla promozione degli spettacoli, oggi si conservano preziosi cimeli; infatti tra fotografie, locandine e oggetti di scena si possono ammirare la bombetta di Totò, costumi originali di Eduardo, Nino Taranto, Pupella Maggio e un mosaico in marmi policromi raffigurante Pulcinella, realizzato da Titina De Filippo.
Il palcoscenico e il camerino di Eduardo

La sala principale, che può accogliere fino a 500 spettatori, è articolata in platea, due ordini di palchi, ognuno intitolato a un attore del passato, e loggione. Il palcoscenico, ampio e profondo, conserva ancora i meccanismi originari degli anni ’40 per la movimentazione scenica, perfettamente funzionanti mentre il sipario si apre e si chiude manualmente, con un sistema di corde e contrappesi.
Dietro le quinte si trovano dieci camerini, tra cui quello storico destinato al primo attore, oggi dedicato alla memoria di Eduardo De Filippo. Al suo interno, tutto è rimasto intatto: la mobilia, gli utensili, e persino un vecchio baule che custodisce alcuni dei suoi costumi originali.
Un passato turbolento tra cambi di gestione e bombardamenti
Lo storico edificio ha attraversato più di due secoli tra splendori, fatiche e rinascite. La sua prima opera rappresentata fu con «Il falegname», opera di Domenico Cimarosa, ma quella scintilla iniziale non bastò a garantirgli un futuro semplice poiché nei primi decenni, difficoltà gestionali e direzioni incerte lo resero un teatro frequentato da compagnie minori e da un pubblico popolare, lontano dalla Napoli aristocratica.
Nel corso dell’Ottocento cambiò spesso padrone e gestione: nel 1843 fu venduto da Marzio Gaetano Carafa a Enrico del Prete, che a sua volta lo affidò ad Adamo Alberti, un impresario attivo in altri teatri napoletani; ma è solo alla fine del secolo che il teatro inizia a ritrovare identità infatti con il debutto di Federico Stella nel 1886, in «Tenebra e amore», inizia una stagione più vivace: Stella, insieme a Michele Bozzo, guiderà per quarant’anni la compagnia «Città di Napoli», rendendo il Teatro San Ferdinando un punto di riferimento per il teatro cittadino.
Accanto a Stella, salirono su quel palco anche giganti come Eduardo Scarpetta, che nella stagione 1889-90 portò a casa grandi successi e nel frattempo, la gestione passò ai Golia e ai Bartolomeo, due famiglie che rilevarono il teatro e ne affidarono la guida prima a Salvatore e poi al figlio Giuseppe.
Ma il Novecento non fu clemente: negli anni Trenta, le difficoltà economiche spinsero i proprietari a convertirlo in sala cinematografica, con il nome di «Cinema Teatro Principe» anche se il peggio arrivò durante la Seconda guerra mondiale poiché nel settembre del 1943 un bombardamento danneggiò gravemente l’edificio.
Il sogno di Eduardo e la rinascita del Teatro San Ferdinando
Nonostante sembrasse la fine, fu proprio da quel momento, che rinasce grazie alla visione e al coraggio di De Filippo. L’attore e drammaturgo lo acquistò nel 1948, investendo tutti i suoi risparmi e indebitandosi con le banche. Fondò la SIT, Società Imprese Teatrali, che riuniva sia la gestione del teatro che le sue due compagnie storiche: «Il Teatro di Eduardo» e «La Scarpettiana».
Negli anni Cinquanta il drammaturgo fondò la «San Ferdinando Film» con il sostegno della Rai, producendo anche sei telefilm tratti dai suoi testi. I debiti però si accumulavano, e i finanziamenti erano scarsi perciò nel 1960 fu costretto a sciogliere la compagnia, e l’anno dopo a chiudere il teatro San Ferdinando.
Nonostante questo, la visione di Eduardo non si spegneva e nel 1964 lanciò una nuova iniziativa con Paolo Grassi creando la «Teatrale Napoletana», un progetto che voleva unire Napoli e Milano, e rompere con il vecchio teatro dialettale, aprendo una stagione nuova; anche questa esperienza però durò poco, e nel 1966 si concluse.
Negli anni Settanta, sognava di far diventare il Teatro San Ferdinando un centro studi sul teatro napoletano, un archivio vivo e aperto al pubblico e riuscì a farlo riaprire nel 1971, sotto la gestione dell’Ente Teatrale Italiano, con lo spettacolo «Le bugie con le gambe lunghe» anche se dopo pochi anni, il teatro tornò a chiudersi. Negli anni Ottanta restò in silenzio, trasformandosi in un deposito di memorie: sede dell’archivio personale di Eduardo, e magazzino per scenografie e costumi. A ridargli voce fu Luca De Filippo, che nel 1996 donò lo stabile al Comune di Napoli, con la richiesta precisa di restaurarlo e restituirlo alla città.
Ci vollero anni di lavori, fondi pubblici e passione. Ma il 30 settembre 2007 il sipario tornò ad alzarsi con «La tempesta» di Shakespeare, nella versione in napoletano barocco tradotta dallo stesso Eduardo nel 1984. Oggi, il mutevole teatro è parte del Teatro Stabile di Napoli, insieme al Mercadante, ed è tornato a essere il centro della scena teatrale partenopea.