Una sinistra a pezzi prova a cancellare le regole della democrazia

Vogliono sostituire l’arroganza minoritaria alla sovranità popolare

La Costituzione italiana è da sempre considerata – se non la più bella in assoluto – una delle più belle del mondo. E questo perché dice immediatamente da che parte sta: quella democratica. Nel primo capoverso dell’art. 1, infatti, stabilisce che «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» e nel secondo aggiunge che: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il che, pur essendo chiarissimo, per qualcuno non sembra essere troppo comprensibile.

Gli «scappati di casa» e il gioco delle maggioranze

Mi riferisco – probabilmente l’avete già capito, dal momento che dal 2011 al 2022 (ma in verità spesso anche prima) hanno governato per volontà quirinalizia, senza mai sottoporsi al giudizio dei cittadini, con maggioranze arcobaleno, raccogliticce, prive di compattezza – e, purtroppo, a pagarne le conseguenze è stato il Paese – agli «scappati di casa» dell’attuale opposizione.

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Consapevoli, però, che questo calpestio continuo della nostra Magna Charta non potesse continuare in eterno, e che prima o poi si sarebbero potuti imbattere in un Capo dello Stato a conoscenza di cosa significhi realmente che «la sovranità appartiene al popolo», avrebbe potuto non prestarsi al gioco e dire basta a questa pantomima priva di legittimazione democratica.

Cambiare le regole dopo ogni sconfitta elettorale

Sicché, nella speranza di «eliminare» questo rischio in maniera definitiva, ogni volta che – cosa che ormai capita sempre più spesso – escono bastonati dalle urne, «pretendono» di cambiare le regole. Ovviamente, nella maniera a loro più favorevole. E hanno deciso di farlo anche dopo il flop referendario.

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Un referendum su misura per pochi

Ma anziché provare ad «accordare» lo strumento, migliorandone l’armonia e dando un senso effettivo, credibile e, quindi, coinvolgente dell’interesse dei cittadini sin dalla fase prereferendaria e, quindi, incrementandone la partecipazione al voto, aumentando da 500mila a 1 milione le firme da raccogliere (tanto più che si possono sottoscrivere anche da remoto, senza doversi «scomodare» da casa) per la presentazione dei quesiti da proporre, o da 5 a 10 il numero dei consigli regionali eventualmente proponenti, vorrebbero farlo nella maniera peggiore e più anticostituzionale possibile: cancellando proprio quella volontà popolare che rende la nostra Costituzione la più bella del mondo.

Il quorum al 33%: una scorciatoia pericolosa

Tant’è che la senatrice pentastellata Maiorino ha, infatti, pensato bene di proporre la riduzione del quorum per la validità delle riforme abrogative al 33%+1 degli aventi diritto.
A quel punto, dicendo «sì» a una richiesta abrogativa di una legge dello Stato, avanzata da appena 500mila sottoscrittori, grazie al raggiungimento del quorum di validazione – ovvero 15,3 milioni di aventi diritto sui 46 di italiani votanti (il calcolo è rapportato al livello attuale che, peraltro, secondo le previsioni demografiche, è destinato a ridursi) – basterebbe il «sì» di una minoranza infinitesimale di appena 7,6 milioni ad abrogare una norma costituzionale ritenuta scomoda da qualche «potentato».

I padri costituenti volevano evitarlo

Che, poi, è proprio quello che i nostri padri costituenti, con l’apposizione del quorum per la validità del risultato, intendevano impedire, onde evitare che lo strumento referendario si trasformasse, nelle mani dell’opposizione, in un’arma di ricatto al governo a disposizione della minoranza. Proprio come sarebbe piaciuto fare ai signori del, si fa per dire, campo largo, nei riguardi del centrodestra in questa occasione.

Il voto obbligatorio? Una proposta inquietante

Non è un caso, insomma, se il (dis)fatto quotidiano, in una nota siglata M.Tra. (Marco Travaglio? Chi altri, se no?), qualche giorno dopo sosteneva che «per garantire il Referendum il voto va reso obbligatorio».

Già! Così, mettendo insieme il taglio del quorum a un terzo degli aventi diritto e la trasformazione del voto da diritto garantito dalla Costituzione in obbligo imposto dalla partitocrazia minoritaria, sarebbe facilissimo – alla faccia di come la pensi la maggioranza effettiva del Paese – cambiare ogni volta norme e regole del gioco. Altro che volontà popolare e democrazia!

Un’opposizione disconnessa dalla realtà

Del resto, in un Paese come il nostro – dove l’opposizione gira attorno al M5S di Conte, all’AVS di Bonelli e Fratoianni, alla CGIL e alla UIL, cui la cura Landini-Bombardieri sta facendo davvero male, a loro, ai lavoratori pubblici (impedendo il rinnovo dei contratti di lavoro per la PA), e alle tute blu spedite venerdì – in nome della rivolta sociale – a occupare la tangenziale di Bologna, rischiando una denuncia, mentre i leader se ne stanno tranquillamente alla finestra a guardare;

al PD già spaccato a metà come un’anguria pronta ad essere consumata da «Giuseppi» e si affianca all’Associazione Partigiani (a proposito, ma di quelli che veramente lottarono il fascismo nella prima metà del secolo scorso, quanti pensate ce ne siano ancora in giro?); e, infine, a pro-Pal, gruppi autonomisti, alternativi e studenteschi – che la scuola la vedono, forse, quando sono liberi da impegni contro le forze dell’ordine, ma che non disertano mai le manifestazioni pro Hamas e Ayatollah – cosa altro ci si potrebbe attendere, se non il tentativo di «abrogazione» della sovranità popolare?

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