Divisioni anche sull’adesione alla manifestazione contro il riarmo
A Strasburgo, durante la plenaria del Parlamento Europeo, è passata una risoluzione che propone di valutare l’uso dei fondi del Next Generation EU anche per le politiche di difesa comune. Il voto, avvenuto per alzata di mano e dunque non tracciabile, ha generato nuovi momenti di tensione all’interno del Partito Democratico, evidenziando ancora una volta divisioni già emerse in passato.
La maggioranza della delegazione PD, guidata da Nicola Zingaretti, si è espressa contro la proposta, prendendo una posizione distinta rispetto al gruppo dei Socialisti europei. Tuttavia, secondo una ricostruzione pubblicata da Il Tempo, due europarlamentari dem, Giorgio Gori ed Elisabetta Gualmini, avrebbero votato a favore della risoluzione.
Assente al momento del voto, per via di un impegno istituzionale a Bruxelles, la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno se presente, avrebbe sostenuto la proposta.
Il tema della difesa europea continua così a creare divergenze. Zingaretti ha spiegato così la posizione contraria: «L’Europa ha bisogno di un nuovo modello di difesa comune per la sua sicurezza, ma va fatto con risorse aggiuntive e debito comune». Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra si sono opposti alla risoluzione, ritenendo non condivisibile la destinazione di fondi originariamente pensati per la ripresa economica post-pandemia.
La manifestazione contro il riarmo
Ma le posizioni interne al PD si dividono anche in vista della manifestazione del 21 giugno contro il riarmo europeo. Alcuni esponenti del partito, tra cui Arturo Scotto e Laura Boldrini, saranno presenti.
L’area riformista, invece, ha preso le distanze dall’iniziativa. A esprimere le proprie riserve è stata la stessa Picierno: «Mi pare un po’ difficile confondere il lavoro che stiamo facendo in Europa per migliorare il piano di sicurezza e difesa comune», ha dichiarato all’Adnkronos, «con l’adesione, qualunque sia la forma, ad una manifestazione che ne contesta radicalmente i suoi principi. È un corto circuito destinato a minare la credibilità della nostra politica estera e ad isolarci dal contesto di scelte che si stanno assumendo».