Napoli, venerdì 23 maggio. La città aveva trascorso l’intera giornata come chi sa di poter toccare la felicità, ma teme che qualcosa possa strappargliela all’ultimo. L’Inter era lì, come un’ombra sul sogno. La matematica lasciava uno spiraglio al dubbio. E Napoli, Napoli lo sentiva.
Si camminava a passo svelto. Si parlava poco. Una tensione che non si vedeva ma si sentiva addosso, nei bar, nei mercati, per le strade. Ovunque.
Poi, alle 22:48 arriva il fischio dell’arbitro dopo i due goal contro il Cagliari. Lo scudetto è del Napoli. Il quarto. Napoli è campione d’Italia con un solo punto in più rispetto all’Inter.
La città è esplosa. Sirene, tamburi, fuochi, urla. Clacson a ritmo. Volti che si af (si apre in una nuova scheda)facciavano alle finestre. Bandiere che sventolano a ritmo frenetico.
Napoli si è svegliata di colpo. E con lei, il mondo intero che porta un pezzo di Napoli dentro.
Da Secondigliano a Milano, da Ponticelli a Barcellona, da Fuorigrotta a Toronto, dal Vomero a Torino. Quartieri, strade, persone lontane che si ritrovano improvvisamente unite da un sentimento che non ha bisogno di essere spiegato.
Perché Napoli non è un luogo. È un modo di stare al mondo.
E la notte, dopo un giorno teso come un cavo elettrico, la città si è ritrovata tutta insieme. C’erano i bambini con le guance dipinte, gli anziani con gli occhi lucidi, le famiglie strette in un abbraccio largo come il mare. C’erano tutti, tifosi e non, perché la gioia è contagiosa. Anche turisti da ogni parte del mondo accorsi in città per godersi uno spettacolo unico al mondo: Napoli che esulta.
Lo scudetto a Napoli è un rito collettivo. Una festa dove il palco è la strada. Dove nessuno è escluso.
C’è chi guarda a tutto questo con sufficienza. Chi pensa che si tratti di eccesso, di esibizione, di qualcosa da ridimensionare.
Eppure Napoli continua a sorprendere. A tenere insieme le sue contraddizioni. A resistere sotto più vulcani, tra mille ferite, con l’orgoglio di chi sa di essere fragile, ma non per questo meno forte.
Città di problemi, sì. Ma anche di musica, arte, pensiero, ironia. Cultura. Città che cade e si rialza. Che non chiede scusa per la propria passione.
Il calcio, qui, non è semplicemente uno sport. È specchio. È identità di un popolo. Un linguaggio comune che unisce la comunità e racconta la sua storia unica.
Il Napoli ha vinto il suo quarto scudetto. Ma a vincere è stata un’intera città. Quella che abita sotto al Vesuvio e in ogni angolo del mondo dove si riconosce una voce, un accento, una mano sul petto davanti a un coro.
Napoli ha vinto.
E Napoli, ancora una volta, ha dimostrato che può farcela.
Con tutto contro, con tutti contro.
Napoli4ever.