Il clan Sarno tenta la rinascita in Toscana: nuove misure contro gli ex boss pentiti

In manette i fratelli Ciro, Vincenzo e Pasquale Sarno

Ex collaboratori di giustizia del clan Sarno, imprenditori e mediatori. Sono i destinatari delle misure cautelari disposte dal gip su richiesta della Dda fiorentina ed eseguite dalla guardia di finanza del capoluogo toscano nell’ambito di un’inchiesta su infiltrazioni della criminalità organizzata in Toscana.

All’alba di ieri sono finiti gli arresti sono i fratelli Ciro, Vincenzo e Pasquale Sarno, il cugino Giuseppe e Antonio, figlio di Ciro mentre altre cinque persone sono da ieri mattina ai domiciliari e per altre due è stata disposta la misura interdittiva del divieto di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o di imprese per la durata di un anno.

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Perquisizioni e sequestri poi in Toscana, Liguria, Campania e Friuli Venezia-Giulia per beni e conti correnti per un valore di quasi 1 milione di euro (per la precisione 990.206,51 euro). I reati ipotizzati: per cinque indagati associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per agevolare una associazione camorristica in vista della sua riorganizzazione sul territorio toscano, estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti delle vittime, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, auto-riciclaggio aggravato dalla finalità di agevolare una associazione camorristica, violazioni delle disposizioni del Testo Unico in materia di immigrazione.

La ricostruzione degli investigatori

Da quanto emerso da ex collaboratori di giustizia, alcuni componenti di punta del clan camorristico Sarno, storicamente egemone nel quartiere Ponticelli e nell’hinterland di Napoli, avrebbero tentato di infiltrarsi nel tessuto economico della Toscana. Ciro Sarno e i fratelli Pasquale e Vincenzo e il cugino Giuseppe, secondo la ricostruzione, avrebbero individuato innanzitutto nel settore degli scarti tessili una fonte di guadagno, con la fine degli introiti economici legati al programma di protezione.

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Per questo, vantando un preteso debito di riconoscenza per aver prestato in passato protezione, si sarebbero rivolti ad alcuni imprenditori campani ormai radicati in Toscana, proponendo un servizio di trasporto di stracci da destinare allo smaltimento. Ma presto, secondo quanto ricostruito, i Sarno, grazie alle minacce, avrebbero preteso e ottenuto denaro senza alcuna contro prestazione: quasi 18.500 mila euro tra dicembre 2022 e giugno 2023.

Il denaro era consegnato, hanno ricostruito le indagini, negli uffici di un autonoleggio, a Prato, «crocevia» dell’ideazione, organizzazione ed esecuzione delle attività del clan. Tra gli esperti del settore degli scarti tessili, anche Franco Cozzolino, alias Berlusconi, finito ai domiciliari.

Anche frodi fiscali

Per far soldi, per l’accusa i Sarno puntavano anche sulle frodi fiscali, accreditandosi come interlocutori e intermediari di imprenditori, anche cinesi con attività a Napoli, alla ricerca di fatture false per evadere le imposte e monetizzare i proventi illeciti.

La struttura di società cartiere era stata creata, secondo gli inquirenti, da Ciro Sermone, finito ai domiciliari, e non si limitava a creare costi fittizi per abbattere l’importo su cui calcolare l’Iva ma puntava a monetizzare e restituire in contanti, al netto della provvigione, le somme di denaro transitate dai conti bancari per simulare il pagamento delle fatture. Infine alcuni esponenti del clan Sarno per reclutare manodopera a basso costo per imprenditori cinesi nel settore tessile avrebbero anche favorito l’ingresso illegale di una cinquantina di cittadini pakistani in Italia. Ma nel luglio 2022, il piano fu sventato dalla polizia croata prima che il furgone varcasse i confini.

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