La rabbia di Giusy Esposito: «Lavoravano da mesi con i fuochi d’artificio»
Le indagini sullo scoppio della fabbrica di fuochi d’artificio abusiva a Ercolano, che ha causato la morte di Samuel Tafciù e le gemelle Sara e Aurora Esposito, vanno avanti. Al lavoro ci sono due sezioni della Procura di Napoli e una delle ipotesi di reato al vaglio è la morte come conseguenza della violazione delle norme di sicurezza sul lavoro e sulla detenzione di materiale esplodente.
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A coordinare gli accertamenti dei carabinieri sono i sostituti procuratori Stella Castaldo e Maurizio de Franchis in forza, rispettivamente, alla VI e VII sezione (dirette dai procuratori aggiunti Simona Di Monte e Pierpaolo Filippelli). Al momento i carabinieri di Ercolano hanno denunciato un uomo di 38 anni che aveva intestato l’immobile, regolarmente accatastato ma utilizzato per la fabbricazione illegale dei botti, alla figlia 13enne. La sua posizione è al vaglio degli inquirenti. Fino a ora, la tesi circolata è che i tre sarebbero morti al primo giorno di lavoro presso la fabbrica.
La rabbia della sorella
Una tesi smentita nettamente dalla sorella delle gemelle. «Non era il primo giorno di lavoro, tutte bugie. Le mie sorelle lavoravano da mesi con i fuochi d’artificio. Lo hanno fatto prima in casa e poi, da circa un mese, in quella fabbrica maledetta. Io lo sapevo che me le avrebbero ammazzate! Ora vogliono coprire il marcio» afferma Giusy Esposito, la loro sorella maggiore in un’intervista a Francesca Mari per «il Mattino».
Per Giusy le due erano «ragazze straordinarie, allegre, solari e anche ingenue. Vivevano con mia madre a Marigliano, insieme alla figlia di Aurora che ha cinque anni. Hanno sempre lavorato», poi è «arrivato quell’uomo che ci ha rovinato la vita». Secondo la sorella «loro erano troppo buone e volevano aiutare mia madre». E punta l’indice contro l’uomo indagato dalla Procura: «Pasquale Punzo, il proprietario di fatto dello stabile adibito a fabbrica di fuochi d’artificio. L’abbiamo denunciato io, l’altra nostra sorella Manuela, nostro padre e la nonna paterna».
Quell’uomo, afferma «è entrato nella nostra famiglia un anno e mezzo fa, facendo promesse di ogni genere. A fine estate ha portato quel materiale dei fuochi a casa, inducendo le mie sorelle che non avevano mai maneggiato questa roba a lavorarci. Io mi sono sempre opposta, ma mia madre lo difendeva. “Vuole aiutarci, ora fa lavorare le gemelle”, mi diceva».
Le vittime, secondo la sorella maggiore, all’inizio avevano paura perché poteva essere rischioso ma dissero che avrebbero imparato. «Io dicevo loro di tornare al loro precedente lavoro, ma erano totalmente soggiogate da mia madre. Pensi che quell’uomo le ha pure convinte a lasciare la casa in affitto a Marigliano, promettendo loro una sistemazione. Poi le ha portate a Ponticelli in una casa ai limiti della vivibilità. Una sporca truffa. Temo che le mie sorelle abbiano subito ogni tipo di pressione e violenza psicologica».