Attacco ai sistemi informatici della Giustizia, arrestato hacker

di Enrico Biasi

L’inchiesta del pool cybercrime a Napoli: il 24enne avrebbe acquisito materiale riguardanti anche la criminalità organizzata, non antiterrorismo, utilizzando almeno cinque false identità

A soli 24 anni era riuscito ad hackerare i sistemi informatici del Ministero della Giustizia. Il giovane, originario di Gela, provincia di Caltanissetta, è stato arrestato dalla Polizia postale nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e della Procura di Napoli, nona sezione Sicurezza dei sistemi informatici. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il 24enne, Carmelo Miano, è entrato più volte nei sistemi informatici del Ministero della Giustizia e ha tentato un attacco al sistema informatico della Guardia di Finanza ed avrebbe acquisito materiale riguardanti anche la criminalità organizzata, non antiterrorismo, utilizzando almeno cinque falde identità.

L’inchiesta, durata diversi anni, ha coinvolto diverse procure, ma è partita da Napoli perché qui si sono resi conto di attacchi informatici e qui c’è un pool specializzato in questo tipo di inchieste. A Napoli le indagini sono state coordinate dall’aggiunto Piscitelli e dai sostituiti Onorati, Cozza e Capasso. Le forze dell’ordine lo hanno rintracciato a Roma.

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Dovrà rispondere dei reati di accesso abusivo aggravato alla struttura dello Stato e diffusione di malware in concorso con ignoti. Perché – ipotizzano gli inquirenti – non avrebbe agito da solo. Nel corso delle indagini, che hanno visto coinvolte diverse Procure italiane, l’hacker avrebbe anche tentato di entrare nelle mail di alcuni magistrati. I particolari dell’operazione sono stati illustrati in conferenza stampa che si è tenuta all’interno Procura di Napoli, alla presenza del procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo e dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri.

Grattri: siamo tornati al cartaceo

«Molte volte siamo tornati al cartaceo per certe indagini. Avevamo il terrore che entrasse nelle mail perché abbiamo visto che ha tentato di entrare nella posta elettronica di alcuni magistrati e allora abbiamo deciso di portarci a mano i documenti» ha riferito Gratteri. L’uomo è stato definito da Gratteri «un mago dell’informatica, uno che ci ha fatto girare la testa per un più anno». «Sapeva i contenuti in fase preliminare – aggiunge Gratteri – l’obiettivo era quello di avere dati coperti da segreto investigativo». Oltre a quelli indirizzati al sistema informatico Giustizia, «ci sono stati altri attacchi, alla Guardia di finanza, a Tim, a Telespazio».

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Melillo: «Migliaia di documenti da studiare e analizzare»

L’hacker «è riuscito a prendere dalle procure delle informative, fascicoli, attività in fase di indagini preliminari, ad avere dati coperti da segreto investigativo. Era in grado – ha aggiunto Gratteri – di estrarre Bitcoin, gliene abbiamo sequestrati per due milioni di valore, con server posizionati anche all’estero per lavorare. Si è mosso su più piani». Il procuratore ha anche parlato dell’arresto del 24enne come di «un primo step, perché dopo i sequestri di stanotte ora c’è da lavorare su migliaia di documenti da studiare e analizzare» alla ricerca di eventuali complici. Altre tre persone sono comunque indagate.

Il capo della Dna Giovanni Melillo parla del 24enne come di «una minaccia grave e ha provocato danni alla sicurezza». «Le minacce alla sicurezza cibernetica nazionale – ha aggiunto Melillo – sono di due tipi: ci sono gli attacchi esterni, le minacce esterne, cioé gli hacker e poi ci sono gli attacchi, l’insider threat, le minacce interne, vale a dire l’abuso di credenziali di accesso ai sistemi informativi e questo è un problema gravissimo, che va anche al di là della vicenda alla quale lei faceva riferimento».

Melillo ha poi affermato che «le indagini delle procure distrettuali italiane e i nostri sforzi di coordinare l’azione si muovono sia su un versante che sull’altro e l’uno e l’altro versante poi confluiscono a formare un gigantesco mercato delle informazioni riservate, ma questa è cosa che abbiamo già detto altre volte».

L’indagine di Perugia

Alla domanda se l’indagine possa in qualche modo essere messa in collegamento con quella sui cosiddetti dossieraggi condotta dalla Procura di Perugia, Melillo ha risposto: «Assolutamente, quei due filoni sono separati. L’indagine di Napoli però ha una straordinaria complessità che va ancora tutta esplorata – ha precisato – ma di questo i colleghi di Napoli e la Polizia Postale e delle comunicazioni, struttura veramente di eccellenza a livello internazionale, riusciranno a venire a capo». «Le indagini delle procure distrettuali italiane e i nostri sforzi di coordinare l’azione – ha concluso Melillo – si muovono sia su un versante che sull’altro, e l’uno e l’altro versante poi confluiscono a formare un gigantesco mercato delle informazioni riservate».

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