La destra alla prova della costruzione di una nuova classe dirigente

Serve, però, una nuova etica pubblica

Le opportunità offerte dalle concepite visioni – pronte ad essere realizzate attraverso le elaborate progettualità e attraverso la messa in opera mediante bandi, cronoprogrammi e gare da aggiudicare con una previsione spedita e legittima – hanno bisogno di una classe dirigente che coniughi competenze e passioni e si dimostri all’altezza dei tempi.

Oggi i molti, che si presentano come primi della classe, facendo i tuttologi, o meglio i giornalisti che percepiscono solo la superficie delle dinamiche politiche, governative e amministrative, non stanno comprendendo fino in fondo che chi sta attorno al Presidente del Consiglio, quale oggi è Giorgia Meloni, sta giocandosi una chance irripetibile e non replicabile se dovesse fallire.

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I Fazzolari, i Mantovano, i Fitto forniscono, nella sfida a cui fanno fronte, le loro acquisite professionalità e stanno dimostrandosi efficaci, ciascuno nel proprio ruolo, al di là delle gratuite critiche che provengono dagli spalti di una stampa orientata ed ispirata da pregiudizi consolidati.

Eppure siamo al cospetto di una realtà, come dice Antonio Polito, che è meno cupa di come si voleva a tutti i costi immaginare. Così operando, quelli che assurgono a soloni pronti alla critica demolitiva neanche intuiscono che il banco di prova su cui si sta misurando questo gruppo dirigente lascerà il segno del proprio passaggio per tanti anni perché la maturazione del ceto attuale acquisirà, a fine percorso, una esperienza straordinaria, impossessandosi di una qualità di discernimento molto elevata, con una capacità di compiere scelte, che, mediante una tensione costruttiva, conducono le istituzioni verso traguardi importanti.

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Chi attraverserà questa solida e tangibile esperienza si dimostrerà, nel prossimo futuro, qualificato su qualunque questione ed efficace in un contesto finalizzato ad una ricostruzione realizzativa sotto il profilo giuridico e regolativo, sotto quello contabile capace di intercettare risorse e soprattutto con uno spirito che mira a lasciare traccia del buon governo, della buona amministrazione e della buona politica.

Sicché i cosiddetti «critici», descrivendo distortamente la realtà in divenire e le istituzioni che fanno sistema, mettendo in evidenza solo i limiti del personale operativo della Meloni evocano solo un’angusta ampiezza della visuale prospettica da cui guardano e, così, non sanno comprendere che le qualificazioni professionali acquisite da questo «ceto», maturano, misurandosi con le sfide contemporanee, livelli di conoscenza e di scienza, in grado di definire una coscienza comunitaria consapevole di poter ottenere un consenso largo.

Orbene con la messa a terra dei finanziamenti del PNRR si stanno impiegando risorse orientandole al raggiungimento degli obiettivi per ovviare al pesante fardello (debito pubblico italiano) di guai e miserie che tutti i governi precedenti, tranne sparute eccezioni, hanno determinato.

Beh… questo ceto dirigente di nuovo conio, nonostante le tribolazioni quotidiane, i timori, le occasionali frustrazioni, le avversità si sta mettendo in luce per una «intelligenza istituzionale» tesa a realizzare quella che Cassese chiama una corretta «epistocrazia», laddove si ha la capacità di affiancare i tecnici ai politici, e facendo diventare i politici padroni della tecnica.

Solo così sarà possibile costruire una nuova etica pubblica, in grado di passare da una esperienza mirabile e superare l’attuale ed esasperato e stancante noi «diviso», affinchè si possa approdare ad un momento di conciliazione storica in cui la «malattia» del ricambio di classi dirigenti assurga a metabolizzata trasformazione in cui nessun partito possa essere escluso per sempre dalle redini di potere dare luogo ad un aggiornato «indirizzo politico».

E richiamando le parole di Remo Bodei si può cominciare, adesso ed in siffatta maniera, a riconoscere tracce nuove nell’itinerario storico di un paese adulto e maturo, qual è l’Italia, in cui «la politica assume di conseguenza un carattere necessariamente più laico e disincantato, in linea con le esigenze di una ‘paese normale’».

Setaro

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