Castellammare, il codice dei killer del clan D’Alessandro: «Andiamo a fare un servizio»

di Enrico Biasi

I verbali del pentito: il gruppo di fuoco in giro per cercare qualcuno da colpire

«Come ho già riferito nel corso di precedenti interrogatori, ricordo che un giorno ho visto che Salvatore Belviso, Catello Romano e Raffaele Polito stavano scendendo da Scanzano». Così esordisce Renato Cavaliere nel verbale da collaboratore di giustizia del 27 maggio 2015. Poi il pentito specifica: «Belviso con la sua motocicletta; Romano e Polito con una motocicletta rubata».

Cavaliere chiese dove stessero andando. La risposta di Belviso fa emergere quello che è uno slang malavitoso, una frase che ne significa un’altra: «Salvatore mi ha detto che stavano andando a fare ‘un servizio’. Volevo scendere anch’io – aggiunge Cavaliere – ma Belviso, scherzando, mi disse che ero vecchiarello e di stare a casa».

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La sera, quando rientrarono, Cavaliere chiese loro cosa avessero fatto: «Belviso mi disse che avevano girato per cercare qualche ‘puttana’». Anche in questo caso parliamo di uno slang, di una parola in codice. Secondo il linguaggio criptico dei D’Alessandro, «cercare qualche puttana» stava a significare «cercare qualche persona da ammazzare».

Nacque tutto da un omicidio fallito: «Catello Romano aveva fatto un casino, ferendo, senza riuscire ad ucciderlo, Antonio detto ‘Sparami ‘mpiett’, cognato del collaboratore di giustizia Ciruzzo Avella, che potenzialmente era una persona da ammazzare, trattandosi di un parente di pentito che commetteva reati a Castellammare di Stabia».

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Nonostante le dichiarazioni di Avella non avessero colpito molto la famiglia D’Alessandro, «Antonio non era molto ben visto ed era una persona alla quale potevamo sparare, anche senza un’indicazione specifica di Enzo D’Alessandro, che si era limitato a dire che dovevamo ammazzare i collaboratori di giustizia e quelli che li appoggiavano anche commettendo reati a Castellammare di Stabia».

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