I De Luca (Vincenzo e Cateno) si contendono il trono delle due Sicilie
Non so se la questione del «dossieraggio Capitale», come l’ha definito, «Il Tempo», sul quale sta indagando la procura di Perugia finirà o meno – come ha pronosticato l’ex direttore del Corsera Mieli – «in una bolla di sapone». Non sarebbe la prima volta e forse, neanche, l’ultima. Ma in questo caso qualche dubbio c’è. Anzi, più di qualcuno. Intanto, perché, la questione è contraddista da numeri effettivamente inquietanti.
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Si parla di «ricerche spasmodiche sulle banche dati» effettuate dal luogotenente della Guarda di Finanza Pasquale Striano, oltre 10mila accessi illegali; 33.528 file scaricati dalla banca dati della Dna; 1.947 ricerche in quella SDI (Sistema d’indagine); 1.123 persone monitorate sulla Banca dati Serpico; 171 schede di analisi e 6 di approfondimento; 4.124 segnalazioni di operazioni sospette. E 15 persone indagate tra cui Pasquale Striano, il magistrato Antonio Laudati e tre giornalisti del «Domani»: Nello Trocchia, Giovanni Tizian e Stefano Vergine. Infine un dossier sui fondi della Lega. Davvero troppo perché sfoci nel nulla.
Più a destra che a sinistra
Senza dire che tra gli «spiati» ci sono anche 165 personalità di grande rilievo, del mondo dell’industria, dello spettacolo e, perfino dello sport. Tutti mediaticamente esposte. Oltre – ed è questo l’aspetto più grave – componenti del Governo, ministri, sottosegretari e politici: 60 di area centrodestra; 6 M5s, 4 centrosinistra, 4 Iv.
E se queste presenze, come qualcuno asserisce, dovevano servire a fornire a qualche giornalista e qualche magistrato, eventuali – veri o presunti che fossero – scheletri presenti negli armadi dei politici e mettere in difficoltà (non dimentichiamo che tutto è partito da una denuncia per dossieraggio nei suoi confronti del ministro Guido Crosetto) l’esecutivo Meloni e provare a mandarlo gambe all’aria, prima che vada alla deriva, di questa storia, si parlerà almeno fino a dopo il tour elettorale 2024. E forse anche dopo. Una ragione in più per cercare di saperne di più con la commissione parlamentare d’inchiesta proposta dal ministro Nordio.
Istat: nel 2023 reddito disponibile al Sud, meglio che al Nord e al Centro
E ma non si può, però, neanche fingere di non rendersi conto che, per l’opposizione, si tratta di un’arma di distrazione di massa utile per provare a screditare il governo, nascondendone i risultati positivi per i quali, secondo l’Istat, l’Italia è al momento la locomotiva d’Europa. Con un Pil del +4,2 % ben oltre il livello pre covid, nel 2023 siamo stati primi in quanto a crescita, seguiti da Francia +1,8; Regno Unito +1 e Germania +0,1; lo spread Btp-Bund a 138 il minimo da due anni; risparmiatori italiani e investitori esteri comprano Italia perché ha crediti verso l’estero, mentre Francia e Spagna hanno debiti pari al 90 e al 20% del rispettivo Pil.
L’indice di rischio povertà è calato dal 20 al 18,8%, confermando la validità della scelta d’investire 21 dei 30 miliardi disponibili a favore dei ceti più deboli. Da qui, miglioramento dei redditi disponibili e meno disparità territoriali. E tutto questo, grazie al combinato disposto del taglio del cuneo fiscale che ha prodotto un aumento del potere d’acquisto e per conseguenza un incremento del reddito disponibile più alto dell’inflazione. Il che ribalta la narrazione catastrofista delle opposizioni e certifica con dati di fatto che l’azione del governo prosegue sulla strada del sostegno a famiglie e imprese.
Il novello Masaniello campano
Ciò nonostante il novello Masaniello campano De Luca che, evidentemente, ha deciso di mettersi in concorrenza con il suo omonimo siciliano Cateno per la leadership del Mezzogiorno lancia un’altra «gettata» di manifesti d’odio – 150mila euro, naturalmente pagati dai cittadini – contro l’Esecutivo e accusa i suoi colleghi del Sud – ovviamente quelli che non la pensano come lui nei confronti del governo Meloni – di viltà.
Alla faccia della collaborazione istituzionale. E per chiudere in bellezza una chicca finale dedicata in particolare all’«Italia del tacco», ma che certamente farà piacere anche a quelle «della testa» e «dello stomaco»: l’Istat fa sapere che l’effetto redistributivo della ricchezza è stato maggiore al Sud dove il reddito disponibile (quello che resta in tasca) è cresciuto del 16,9%, contro il 15,2 del Nord e il 14,2 del Centro. Altro che l’elemosina «votiva» del reddito di cittadinanza che Giuseppi intende riproporre a livello regionale. Evidentemente, non gli sta bene che l’Italia cresca a meno che non lo faccia, producendo debiti, più che entrate. Bonus 110%, docet!