Ursula Von der Leyen solo per chi conta e «influenza»

di Eugenio Preta

Il progetto è quello di creare uno Stato sovranazionale, al servizio di un governo mondiale e dell’economia globalizzata

Anche la presidente della commissione Ursula Von der Leyen ha parlato nell’inverno svizzero ovattato di Davos, l’appuntamento mondiale dove i dirigenti delle grandi industrie internazionali mettono a punto la loro opera d’influenza confrontandosi ai politici, fieri di esservi invitati. Qui la connivenza apparente è la regola e Klaus Schwab, il fondatore, rimane l’attore principale, la vedette acclamata anche se non dirige più il Forum economico mondiale.

L’intervento della Presidente della Commissione è da manuale, come si conviene ad ogni occasione che conta, von der Leyen ha manifestato, già nel prologo, la sua fede mondialista invitando ad intensificare la collaborazione internazionale. Eppure l’idea del mondo creato dalla mondializzazione non avrebbe dovuto lasciare più dubbi: guerra in Ucraina e in Medio Oriente, instabilità nel continente africano, tensioni tra nord e sud, competizione sempre più rozza tra Stati Uniti e Cina, Unione Europea inutile vassallo de-industrializzato.

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Così si può anche capire perché il tema prescelto dai colloqui sia stato quello del dover ristabilire la fiducia nei cittadini? Ma no, nell’oligarchia mondiale. Da qui l’affermazione secondo cui il rischio peggiore sta nella disinformazione e nella cattiva informazione, dal dopoguerra, le minacce più gravi per l’ordine mondiale.

Da queste asserzioni si evince la volontà di voler controllare l’informazione e di conseguenza quella di eliminare qualunque opinione vada contro Il credo mondialista accusandola di complottismo, peggio, tacciandola di reale minaccia per la democrazia.

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Azione politica e interessi economici

La presidente Von der Leyen prona per una nuova architettura mondiale che abdichi la politica a favore delle grandi aziende mondialiste che, secondo la nuova Erinni al singolare, dovranno collaborare direttamente con i governi. Così dicendo la signora ha cancellato il discrimine necessario tra azione politica e interessi economici dimenticando scientemente come lo scopo dell’azione politica sia il bene comune e quello dell’industria il profitto e la convenienza economica.

Ma la suddetta presidente, ha forzato la mano quando ha affermato pure che le industrie possiedono oggi innovazione, talento ed energie per trovare le soluzioni necessarie alle minacce più gravi come il cambiamento climatico o la disinformazione industriale. L’autorità politica così si annulla a vantaggio della grande industria e la Von der Leyen si è allineata quindi al fondatore del gruppo Bilderberg, David Rockefeller, quando questi aveva affermato che il mondo degli affari gli sembrava l’entità più adatta a sostituire i governi.

Attenzione quindi, il prossimo giugno si terranno le elezioni europee. Pare che la signora le ritenga una prassi già decisa ed intenda succedere a se stessa. Ormai però la posta in gioco è troppo alta: la concezione stessa dell’unione europea, la natura dei poteri dell’esecutivo e le sovranità degli Stati nazione. A questo punto la palla riviene al cittadino che, senza farsi distrarre da sovranismo e populismo, dovrebbe aver compreso che il progetto europeo non è più neanche federalista: si tratta semplicemente di creare uno pseudo Stato sovranazionale, succursale di un governo mondiale al servizio dell’economia globalizzata.

C’è ancora tempo per opporsi a tutto ciò e per riorientare in profondità l’Unione europea spiegando ai cittadini la realtà effettiva, non quella effettuale di Davos e Von der Leyen: nel momento dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario, diceva George Orwell

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