Ordinaria giornata di follia a Napoli: «Nun so’ pazz» ma uccide la moglie e si suicida

L’uomo si sarebbe ammazzato ingurgitando veleno

Fuma, seduto sul davanzale della finestra, al terzo piano di un palazzone di San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia problematica di Napoli. Parla con la gente che si è radunata di sotto e ogni tanto spara un colpo in aria con la pistola. Gli dicono di smetterla, di non buttarsi di sotto. «Nun so’ pazz», li tranquillizza.

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In quel momento, probabilmente, Pasquale Pinto, 54 anni – ex guardia giurata che da un bel po’ di tempo tira avanti alla giornata – ha già ucciso a coltellate la moglie, Eva Karniska, polacca di 48 anni. E poco più tardi si ammazza anche lui, forse con del veleno.

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Tutto si svolge in una manciata di ore e in diretta social, perché le varie fasi di questa tragedia – dai deliri alla finestra dell’uomo, fino all’irruzione delle forze di polizia – sono state riprese dagli abitanti e postate in tempo reale sui social. «Io lo conoscevo a Pasquale, era una persona per bene, normale», dice un vicino. Una «persona normale»: lo ripetono in tanti, ricordando però il momento complicato che la famiglia stava attraversando, dal punto di vista economico.

Lui faceva la guardia giurata, poi c’è stato un incidente – il tentativo di rapina della sua pistola, durante il quale è rimasto ferito a una gamba – che gli è costato il lavoro e gli ha mandato all’aria la vita. Da allora si è arrangiato con lavori saltuari, poche entrate e nessuna stabilità, neppure psichica.

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Le indagini e le reazioni

Tuttavia, nessuno di quelli che lo conoscevano lo descrive come una persona violenta. Piuttosto, «uno tranquillo, che non dava problemi». La polizia di Napoli sta ascoltando amici e conoscenti proprio per capire cosa abbia trasformato una «persona normale», nell’assassino della moglie, con la quale non risulta ci fossero problemi particolari. Resta la cronaca di una mattinata convulsa, durante la quale gli abitanti del posto e le forze dell’ordine hanno fatto il possibile per evitare la tragedia.

Massimo, il gestore del bar che sta nel palazzo, quando Pinto si è affacciato ha cercato di richiamare la sua attenzione, di dissuaderlo. E lo stesso hanno fatto altri e poi la polizia, quando è giunta sul posto. «Mi dispiace per la famiglia, per quello che è successo e per non essere riuscito a fermarlo», dice ora il barista. All’inizio, si teme soprattutto per i figli: nelle parole che farfuglia, Pinto lascia intendere che potrebbero essere in casa.

Invece, i due minorenni – una bambina di 14 anni e un ragazzo di 16 sono a scuola – mentre il più grande, di 18 anni, è in gita scolastica su una nave da crociera. È l’ultimo ad essere stato informato. L’unità operativa di primo intervento della polizia, insieme ai vigili del fuoco e agli operatori sanitari della Cri, sfonda la porta dell’appartamento dopo che ormai da un’ora l’uomo non manda più segnali.

A terra i cadaveri di Ewa, uccisa a coltellate – in particolare con una, profonda, alla gola – e quello di Pinto, che contro di lui non ha usato né pistola né coltello e che forse si è avvelenato. Su un tavolo gli investigatori hanno trovato una pistola calibro 9X21, con circa cinquanta proiettili. Una decina quelli sparati, soprattutto in aria ed alcuni, riferiscono dei testimoni, verso le forze dell’ordine. Per il resto, la casa è ordinata e pulita. Un appartamento, anche questo, «normale».

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