Premierato, vicino l’accordo: un vertice tra leader per sciogliere ultimi nodi

Sui cardini della riforma intesa tra i partiti di centrodestra

Servirà un vertice tra i leader del centrodestra, che non sarebbe ancora in agenda, per dirimere le ultime controversie sul premierato, così da presentare emendamenti comuni entro il termine fissato di lunedì prossimo. La terza riunione in tre giorni dei capigruppo di maggioranza in Senato, ha visto la Lega sollevare obiezioni su un paio di punti, spingendo gli alleati e i ministri Maria Alberti Casellati e Luca Ciriani a prendere atto che la questione è squisitamente politica, e solo relativamente di merito, il che richiede una soluzione al massimo livello politico.

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Sui cardini della riforma comunque i partiti del centrodestra convergono tutti: elezione diretta del premier, bilanciata dalla fiducia che questi deve chiedere al Parlamento per il suo governo, così da dare un peso ai partiti della coalizione nella trattativa per formare la squadra ministeriale. Si è anche convenuto che ci possa essere un secondo Presidente del consiglio espresso dalla coalizione vincitrice delle elezioni in caso di «morte, impedimento permanente, decadenza o dimissioni volontarie» del premier eletto. La logica è quella di una «staffetta» ma non in uno scenario di rottura della coalizione.

La sfiducia al premier eletto

Il punto su cui il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha opposto un «niet» è lo scenario di sfiducia al premier eletto. La bozza portata alla riunione della ministra Casellati, su incarico ricevuto mercoledì, prevede che questi, una volta sfiduciato, «entro sette giorni rassegni le dimissioni ovvero proponga lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica che emana il conseguente decreto». È questo automatismo tra richiesta del premier e il decreto di scioglimento delle Camere che non è piaciuto a Romeo: «era meglio il testo originario» avrebbe detto.

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Il limite dei due mandati

Altra questione, meno problematica, è il limite dei due mandati per il premier eletto, su cui la Lega frena, anche in vista della richiesta del terzo mandato per i Governatori. Visto che le opposizioni presenteranno emendamenti su tale punto, si ragiona nel partito di Salvini, si può anche rinviare la decisione.

Il semestre bianco

Potrebbe cambiare anche il cosiddetto semestre bianco. La bozza in discussione tocca anche l’articolo 88 della Costituzione, che disciplina lo scioglimento anticipato delle Camere. L’attuale formulazione afferma: Il capo dello Stato «non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura».

Nella nuova versione, questa facoltà gli viene accordata per evitare che una eventuale richiesta del presidente del Consiglio di scioglimento venga stoppata dall’attuale normativa che vieta al presidente della Repubblica nell’ultimo semestre del suo mandato di procedere ad una operazione di questo tipo. Alla fine della riunione Casellati ha parlato di «bozza di accordo», mentre Balboni si è mostrato più ottimista: «Abbiamo raggiunto una intesa all’unanimità tra le forze della maggioranza», l’accordo prevede comunque la necessità di far dirimere gli ultimi nodi direttamente dai leader.

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Ciriani: ultima parola spetterà a Giorgia Meloni

«Se i leader non troveranno la quadra per validare l’intesa – spiega Luca Ciriani – l’ultima parola spetterà a Giorgia Meloni». «Stiamo andando avanti nella direzione di un accordo sul premierato che mi pare un punto di incontro importante e positivo», commenta invece il ministro degli Esteri e segretario di Fi Antonio Tajani. Quello che agita la maggioranza è il termine per gli emendamenti, fissato alle 12 di lunedì, il che lascia poco tempo, anche perché la premier da sabato sarà impegnata in una lunga visita in Giappone.

Se Salvini non desse subito il proprio via libera o anche solo facesse slittare il vertice tra i leader – si rimarca in ambienti Fdi – obbligherebbe a far slittare anche il termine per gli emendamenti: nulla di drammatico, si ragiona in alcuni settori della maggioranza

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