Caso Chiara Ferragni, il pg stronca l’influencer: con progetto benefico rafforzò la sua immagine

Iscritto sul registro indagati per truffa aggravata anche il manager di Chiara Ferragni

Un profitto «ingiusto» ottenuto «con l’inganno» nei confronti dei consumatori, che avrebbero subito un «duplice» danno, perché indotti sia a fare una scelta d’acquisto attraverso «un messaggio pubblicitario manipolatorio», sia a pagare per quel dolce un «prezzo maggiorato». E per Chiara Ferragni, in particolare, pure un guadagno «derivante dalla rappresentazione di sé associata all’impegno» per «un progetto benefico»: un rafforzamento della sua immagine sui media e un «accresciuto consenso», che «comporta incrementi nei chachet accordati dai partner commerciali».

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Sono nette le valutazioni messe nero su bianco dal sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis nel decreto con cui ha risolto a favore della Procura di Milano la questione della competenza ad indagare, che si era creata tra gli inquirenti milanesi e quelli di Cuneo, sul caso delle vendite con pubblicità ingannevole dei pandoro ‘Pink Christmas’ della Balocco, griffati Ferragni.

Dolci venduti a poco più di 9 euro, invece che a quasi 4 euro come al solito, e coi consumatori portati a credere che parte del prezzo sarebbe andato all’ospedale Regina Margherita di Torino per la cura di bimbi malati, mentre l’azienda dolciaria di Fossano (Cuneo) aveva fatto una donazione ‘una tantum’ da 50mila euro.

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Elementi «di tenore non equivoco»

Tra l’altro, secondo il pg della Cassazione che ha analizzato gli atti dell’Antitrust che ha multato l’influencer e la Balocco e quelli dell’inchiesta del procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ci sono elementi «di tenore non equivoco» su una «unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso» delle presunte truffe che riguardano non solo il caso pandoro, ma anche quelli delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e della bambola ‘Chiara Ferragni by Trudi’. Tutti fatti contestati all’imprenditrice e su cui si sta muovendo la Procura guidata da Marcello Viola.

Per quelle operazioni commerciali che sarebbero state spacciate per iniziative benefiche, tra il 2019 e il 2022, secondo il pg, va considerata la «unitarietà della spinta a delinquere», la «analogia del ‘modus operandi’» e il «lasso temporale» tra gli episodi. In tutti e tre i casi, si legge ancora, Chiara Ferragni ha pubblicato sui social post, stories e «video fuorvianti» per i consumatori.

Menzogna integra reato truffa

Dal decreto emerge che è iscritto per truffa aggravata, per i capitoli pandoro e uova, anche Fabio D’Amato, manager e stretto collaboratore dell’influencer, e che tutte le società coinvolte nelle due vicende sono iscritte per la legge sulla responsabilità degli enti, mentre a Cuneo erano stati aperti fascicoli esplorativi anche sui casi Oreo e Soleterre. Sempre nel provvedimento il pg cita recente Cassazione per spiegare che «la sola menzogna è di per sé sufficiente ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa».

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La «enfatizzazione» del fine caritatevole nella campagna promozionale sul ‘Pink Christmas’, «amplificata dai mezzi di comunicazione» usati, come i social, ha indotto «in errore i consumatori», che hanno «ritenuto» di «contribuire alla finalità benefica», la «cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower».

Per il pg sono i due contratti stipulati, nel novembre 2021, a Milano tra Balocco (indagata per truffa l’ad Alessandra Balocco) e le società di Chiara Ferragni a radicare le competenza nel capoluogo lombardo, così come i conti milanesi su cui la moglie di Fedez ha incassato i «compensi» da oltre un milione di euro. Le mail tra i «team» dell’azienda dolciaria e di Ferragni provano, infine, secondo il pg, che le due parti avevano «già approvato» che la donazione da 50mila euro sarebbe stata effettuata prima dell’inizio «della vendita del prodotto» e «a prescindere dal volume delle vendite».

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