Premierato, il governo: sì al confronto ma avanti anche senza accordo

Si valutano le eventuali modifiche al disegno di legge

Parte tutto in salita il dialogo tra maggioranza e opposizione sul tema della riforma costituzionale. La maggioranza e il governo si attendono «un muro», da qui l’intenzione di aprire sì «una fase di ascolto», come riferisce uno dei ‘big’ che sostengono l’esecutivo, ma poi l’intenzione è quella di «andare dritti» per la propria strada qualora non dovesse essere possibile trovare dei punti di convergenza. L’obiettivo è quello del primo via libera del ddl Casellati entro le Europee, ma non è detto che il ‘timing’ prefissato – ovvero quello di arrivare ad un eventuale referendum nel 2025 – possa essere rispettato, soprattutto se l’opposizione dovesse salire sulle barricate e puntare all’ostruzionismo.

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Confronto in primis tra le forze che sostengono l’esecutivo

Intanto, in attesa del ‘via libera’ del Quirinale, nella maggioranza e nel governo si valutano le eventuali modifiche al disegno di legge. Partirà il confronto in primis tra le forze che sostengono l’esecutivo. Nei prossimi giorni si deciderà se far iniziare l’iter del disegno di legge dalla Camera o dal Senato e poi si capirà quale sarà il clima che accompagnerà il percorso della revisione costituzionale. Il dossier si intreccia con quello sull’autonomia: giovedì prossimo la Commissione Affari costituzionale di palazzo Madama terminerà i voti sugli emendamenti ma il ddl Calderoli dovrebbe arrivare in Aula a gennaio, l’attenzione è ora puntata sulla legge di bilancio con il dialogo in corso nella maggioranza (nel decreto anticipi arriverà l’aggiustamento chiesto da FI sugli affitti brevi).

La norma ‘anti-ribaltone’

Il testo della riforma potrebbe essere modificato in alcuni punti. Apertura mostrata sia dalla premier che dalla ministra delle Riforme. A partire dalla norma ‘anti-ribaltone’, introdotta su spinta della Lega. «Io – ha spiegato il presidente del Consiglio nella conferenza stampa al termine del Cdm (il prossimo si terrà giovedì 16 alle 14.30) che ha dato il via libera al ddl – ero favorevole» alla soluzione «simul simul», ovvero a tornare subito alle urne in caso di sfiducia. «Poi – ha argomentato – si è optato per una soluzione che consentisse in casi estremi di mantenere la possibilità di terminare la legislatura. Per me è una soluzione che va comunque bene, ma se il Parlamento volesse ragionare» della prima opzione «non troverebbe la mia opposizione», le sue parole.

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Fratelli d’Italia punta a mettere dei ‘paletti’ alla possibilità di prevedere un altro presidente del Consiglio qualora il premier termini il suo incarico. Si ragiona se rendere possibile questa strada solo in caso di dimissioni o di interruzione dell’incarico per ‘impossibilità fisica’, non in caso di sfiducia. Si aprirebbe quindi, in quel caso, la via alle elezioni anticipate. La soluzione indicata, in realtà, non esclude – riferisce una fonte informata sul dossier – che l’eventuale nuovo premier possa essere quello che è stato sfiduciato.

C’è, dunque, la possibilità di un reincarico, ma una delle tesi di chi non nasconde dubbi sulla norma è che il ‘sostituto’ non potrebbe più essere cambiato e avrebbe di fatto il potere di scioglimento delle Camere. L’eventuale modifica della norma anti-ribaltone andrebbe nella direzione evocata da Italia viva ma la Lega al momento, riferiscono fonti parlamentari, ritiene che il compromesso adottato sia un punto di equilibrio. «Noi – spiega un senatore del partito di via Bellerio – siamo d’accordo con il principio del ‘sindaco d’Italia’ ma il Parlamento non può diventare come un consiglio comunale, non può essere svilito».

Il tetto al numero di mandati

Altro tema aperto è quello sull’eventualità o meno di inserire un tetto al numero di mandati del presidente del Consiglio. L’ipotesi, secondo quanto si apprende, non viene affatto esclusa ma il tema sarà affrontato più avanti. Anche perché la Lega è contraria ad inserire un tetto anche per i comuni e i governatori e sta portando avanti una trattativa con FI e Fratelli d’Italia, anche per sostenere le istanze del presidente della Regione Veneto Zaia.

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Dubbi all’interno di Fratelli d’Italia ci sarebbero anche sull’inserimento del premio di maggioranza al 55%. Anche su questo punto nel governo e nella maggioranza c’è chi sostiene che per impedire quanto è successo in Israele occorre ‘costituzionalizzare’ la possibilità del premio di maggioranza. Ma c’è anche sul tavolo l’eventualità di affidare al Parlamento l’intera materia. Le due Camere comunque si ‘divideranno’ i compiti: se l’iter della riforma costituzionale dovesse cominciare da palazzo Madama, a Montecitorio si aprirebbe – ma solo dopo il primo passaggio alla Camera del ddl – il cantiere del sistema di voto.

Le critiche

Il presidente di Confindustria Bonomi non nasconde delle riserve («Non siamo – osserva – contrari a questa riforma che viene proposta purché vada nella direzione che abbiamo chiesto. La mia sensazione è che sia una riforma a metà e le Riforme a metà non funzionano»), continuano a piovere le critiche delle forze dell’opposizione.

Apre Italia viva, ma con dei distinguo: «Non mi piace – ha osservato la deputata di Iv Boschi alla ‘Stampa’ – il mancato superamento del bicameralismo, la mancanza del ballottaggio, l’assenza del limite dei mandati, l’impossibilità per il premier di nominare e revocare i ministri. E poi la loro norma anti-ribaltone non funziona». Sulle Riforme «sì all’elezione diretta, no ai pasticci», dice il leader di Italia viva Renzi. Il leader di Azione Calenda al ‘Corriere’ rilancia il modello tedesco. «Meloni si ricordi del precedente di Renzi», l’avvertimento della capogruppo del Pd alla Camera, Braga.

Pd e Movimento 5 stelle all’attacco

Pd e Movimento 5 stelle sono sulla stessa lunghezza d’onda sul referendum: «Credo che se gli italiani la bocciassero, Meloni nonostante abbia messo le mani avanti dovrebbe necessariamente trarne le conseguenze», sottolinea il presidente M5s Conte. «Se il governo perde il referendum va a casa», afferma il capogruppo dem al Senato Boccia. «Noi siamo pronti a lanciare Comitati in difesa della Costituzione in tutta Italia», ribadisce Bonelli di Avs.

Il ministro delle Riforme

Il ministro delle Riforme Casellati difende a spada tratta il testo. Se la riforma fosse già in essere Salvini e Tajani non potrebbero avere la tentazione di far cadere Meloni per andare loro a palazzo Chigi? «No – risponde – perché c’è sempre un Parlamento che decide, io non vedo questo pericolo e poi si tratta della stessa aggregazione che ha vinto e che non avrebbe interesse a un ‘cambio di cavallo’». Ed ancora: «L’indebolimento del Capo dello Stato? è una strumentalizzazione inutile. Le prerogative restano intatte. Con il premierato c’è lo stop ai tecnici. Il premio del 55 per cento lo abbiamo inserito per dare stabilità ai governi».

Il governo e la maggioranza cercheranno di allargare il consenso ma guardano già al referendum. Il messaggio che verrà più avanti ‘recapitato’ agli italiani sarà quello legato al semplice quesito sull’elezione diretta del presidente del Consiglio. Sarà, insomma, semplicemente il titolo del disegno di legge della revisione della Carta. Partirà, eventualmente, in seguito una campagna per informare gli italiani e fonti informate sul dossier prevedono che, se si andasse nella direzione del pronunciamento degli italiani, si formeranno anche dei comitati del sì. Ma ogni scenario è prematuro, così come è troppo presto prevedere anche la ‘road map’ del ddl.

L’imperativo è comunque, viene riferito, evitare di far coincidere il referendum con la fine della legislatura. Nelle prossime settimane si muoveranno anche i cosiddetti ‘pontieri’ nell’opposizione. «Bisogna capire – osserva uno di quelli che punta a dialogare – se Meloni vorrà il referendum per cercare una ‘consacrazione’ o cercherà di evitarlo aprendo a delle modifiche». Ma sull’elezione diretta del presidente del Consiglio la premier Meloni non è disposta a rinunciare.

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